Ausl Romagna: sindaci e sanitari uniti: appello al Governo per i milioni mancanti

Allarme rosso per i conti della sanità romagnola. All’appello dell’Ausl Romagna, come sottolineato dal direttore generale Tiziano Carradori, mancano 87 milioni di euro. E l’assessore alla sanità regionale Raffaele Donini ha anche chiarito che bisogna far quadrare i conti in un paio di mesi. Altrimenti sarà troppo tardi perché le sofferenze non arrivino a toccare dal vivo i servizi e di conseguenza gli utenti.

«Si tratta di un tema che spazia in ambito nazionale» sottolinea il sindaco Enzo Lattuca entrando nella tematica.

Gli “ammanchi” sono di trasferimenti dallo Stato alle Regioni che hanno, queste ultime, compiti di gestione della sanità pubblica. La bufera Covid ha reso necessario uno sforzo economico straordinario per le casse di tutte le Ausl. Ed i fondi statali attesi non sono stati adeguati allo sforzo economico che è stato necessario sprigionare.

«Alcuni giorni fa la Conferenza Stato Regioni – prosegue il primo cittadino cesenate – ha quantificato in 5 miliardi le necessità economiche mancanti e da redistribuire in tutto il Paese per far fronte a quella che è stata la bufera della pandemia. Non si tratta dunque di una problematica legata solo all’Ausl Romagna».

È comunque molto più di un cruccio: «Si tratta naturalmente di un tema che tiene in apprensione me come tanti altri amministratori pubblici. Non a caso domani (questa mattina per chi legge, ndr) ci sarà una conferenza stampa a Ravenna alla quale parteciperò come sindaco di Cesena. Sarò affiancato da tanti altri sindaci della Romagna e da operatori sanitari di ogni ambito specialistico. Presenteremo un appello al Governo a che la situazione possa essere risolta nella maniera migliore e più breve possibile».

L’assessorato regionale competente ha dettato in una sessantina di giorni la linea di tempo da non varcare per non subire pesanti conseguenze.

L’appello

Nell’incontro con la stampa odierno sindaci e mondo sanitario all’unisono lanceranno un appello in cui si potrà leggere come i necessari provvedimenti per la messa in sicurezza del Servizio Sanitario Nazionale non siano più rinviabili.

Per gli esperti di sanità rispetto alla riforma del 1978 c’è stato un cambiamento demografico in Romagna come in tutta Italia che non è ancora stato metabolizzato in modo adeguato. In generale siamo una società invecchiata e che invecchierà ancor di più; e sono anni che lo Stato non investe quanto necessario in termini di risorse finanziarie, professionali e riforme.

Poi l’impatto della pandemia sull’intero sistema aveva aperto la speranza per adeguati investimenti sul servizio sanitario. Così non è avvenuto, quanto meno in termini congrui, malgrado i tanti “desiderata” che tutti sembravano auspicare e voler concretizzare nel momento i cui la pandemia ha travolto l’Italia.

Un sistema già indebolito, costretto a dare priorità alla gestione del Covid, ha raggiunto risultati efficaci grazie soprattutto allo straordinario impegno professionale dei sanitari. Ma contestualmente si è fiaccata la capacità di risposta assistenziale ai bisogni delle persone: le liste d’attesa sono salite, l’accesso a prestazioni a pagamento aumentate ed il ricorso a sistemi assicurativi è stato stimolato. È aumentato l’abbandono delle persone fragili per salute, età, condizioni economico-sociali. All’impatto pandemico si sono aggiunte le ricadute economico-finanziarie dovute alla guerra in Ucraina, l’inflazione, il caro bollette, aggravando la situazione finanziaria delle Regioni, dei Comuni e delle famiglie.

L’appello che verrà lanciato paventa come siamo ormai di fronte ad un pericolo incombente: il superamento dell’universalismo sanitario con l’avvio di fatto di un universalismo selettivo la cui conseguenza sarà una sanità che si rivolge prioritariamente ai poveri, progressivamente più povera, aggravando le diseguaglianze che sempre più caratterizzano il nostro Paese. Serve oggi più che mai invece avere più medici, infermieri, personale sanitario e assistenziale per garantire accesso ai servizi, recuperare le liste d’attesa. Oltreché mettere in sicurezza gli ospedali a partire dai pronto soccorso e dall’emergenza-urgenza. Ma i segnali che emergono dalla legge di bilancio di questo Governo, per gli estensori dell’appello, vanno in direzione opposta con risorse visibilmente insufficienti.

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