Signorini a tutto swing: primo disco a 83 anni

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La musica sta vivendo una quarantena innaturale, così privata della sua esplosività. Ma c’è chi, alla vigilia del Festival di Sanremo, ha trovato come infondere un pizzico di esplosività positiva, vibrante, allegra, a tutto swing. Si chiama Bruno Signorini, è cesenate (1937), contrabbasso, cantante, insegnante di lingue straniere in pensione, molto conosciuto fra i musicisti del territorio. Dopo sessant’anni a suonare dal vivo, il basso si è fatto un regalo: ha registrato il suo primo disco di cover dal titolo Bruno Signorini Saturday night.

«Alla mia età Frank Sinatra era già morto da due anni – dice – io sono solo al primo disco!».

Per Bruno, Frank Sinatra è il mito inarrivabile che ha attraversato insieme a lui il tempo della musica. Non a caso il cd si riconduce agli anni d’oro dello swing, a una generazione che su quella musica si è forgiata. Il titolo Saturday night(is the loneliest night of the week), omaggio a Sinatra, non lascia dubbi. Bruno, con semplicità e sanguigna naturalezza, si diverte a emularlo.

«Frank è inarrivabile, c’è solo da imparare da questi grandi, è vero che appartengono a un’altra epoca, ma il bello non invecchia mai».

Signorini appartiene all’epoca in cui la musica si studiava il giusto ma si suonava subito, tanto, dal vivo. Gli è bastato un anno di contrabbasso per entrare in orchestra, girare il mondo e imparare le lingue. Passione questa che lo ha spinto, poi a riprendere gli studi per laurearsi e insegnare.

«Fino ai 32 anni ho fatto la professione, allora le orchestre suonavano per mesi nei locali, all’estero e in Italia. D’estate in riviera, in ottobre all’estero, per rientrare in Italia e ricominciare a Pasqua o a Carnevale. La musica dava da vivere bene».

Era, quella di Bruno, una generazione che guardava alle grandi orchestre d’oltreoceano di rinascita, dopo gli sfaceli di guerra. Loro, i romagnoli, privi di mezzi, imparavano a orecchio, da radio di bassa qualità, tirando giù accordi alla meno peggio. Iniettavano in quei suoni “aggiustati”, lontani dall’opulenza delle grandi orchestre, un entusiasmo e una passione tali da rendersi accattivanti a qualsiasi pubblico. Signorini è fra gli ultimi di una generazione di musicisti che si è data senza pause, spingendo sugli strumenti, suonando e cantando, dilatando la musica per tutta notte in locali che se li contendevano, i suonatori. Insieme a tanti altri della sua terra, come i concittadini Guido Pistocchi, tromba famosa, il chitarrista Giorgino Fabbri, il pianista Renato Mattarelli, il batterista Gianfranco D’Angelo, fino all’orchestra del noto sassofonista Germano Montefiori, padre dei Montefiori Cocktail.

Bruno, come entrò nell’orchestra Montefiori?

«Un giorno mi chiamò Germano (Montefiori) per propormi di suonare con lui. Vi rimasi quasi tre anni girando in Svizzera, Germania, Olanda e Italia. Da noi era più dura perché suonavi fino alle 4 del mattino, nel nord Europa a mezzanotte si chiudeva. Suonai anche nell’orchestra di Pistocchi fino a quando, ormai con moglie e figlio, decisi di finire gli studi per laurearmi, fermandomi un anno. Mi sono sempre piaciute le lingue, avrei voluto fare l’interprete parlamentare. Insegnai nell’Istituto professionale Macrelli di Cesena, dal 1970 al 2002, ma non ho mai smesso di suonare, divertendomi a cantare in inglese, francese, spagnolo».

Cosa eseguivate in orchestra?

«Di tutto, musica internazionale la chiamavamo. L’orchestra italiana era famosa perché sapeva suonare ogni genere, dagli standard americani a Elvis Presley, Nat King Cole e Sinatra, musica da ballo sudamericana, samba, cha cha cha, mambo, all’occorrenza anche tango e valzer, e poi le canzoni napoletane in stile Carosone. Un enorme successo di allora fu “Marina” di Rocco Granata, scoppiò quand’eravamo in Germania. L’orchestra italiana piaceva perché eravamo più belli degli altri, ben vestiti, spiritosi, facce da schiaffi disponibili con le donne».

Come imparavate i successi?

«Non c’era altro modo se non la radio, ricordo che ascoltammo le canzoni di Beatles ed Elvis Presley da una radio belga, si sentiva malissimo. Le novità inglesi le suonammo per la prima volta al Medusa di Cesenatico, nessuno le conosceva».

Ieri e oggi, musica e musicisti, cosa è cambiato?

«Oggi è cambiato il mondo. Ciò che manca rispetto a ieri è la canzone di successo mondiale, un pezzo come Strangers in the night che si cantava in Italia come in Giappone e Nuova Zelanda. E poi la melodia. La puoi suonare senza testo ed è bella lo stesso, un pezzo di Jacques Brel senza parole non è niente. Allora non c’erano cover, continuamente uscivano pezzi nuovi, uno più bello dell’altro. Adesso siamo in un momento di passaggio, non c’è una musica che identifica questo tempo, forse fra qualche anno succederà qualcosa, verrà fuori qualcuno con un genere nuovo».

Sta per ripartire Sanremo.

«I ricordi tornano a quando suonavamo; allora, finito il festival, le prime sei, sette canzoni finaliste le fischiettavano tutti e le orchestre facevano a gara per imparare a suonarle. Oggi le canzoni sono complicate».

Stefano Nannie gli arrangiamentifatti con il cuore

Bruno Signorini è stato spronato al disco della vita da musicisti conterranei più giovani. Nuove generazioni più preparate ma che guardano agli anziani come modelli, anche per avere vissuto una incredibile stagione nelle orchestre, oggi irripetibile. Così è per Stefano Nanni, musicista noto in campo nazionale, arrangiatore, pianista, direttore musicale, decine di collaborazioni (da Negramaro a Gualazzi, da Capossela al “Pavarotti & Friends” e Sanremo), che ha arrangiato per stima i pezzi del cd di Bruno, e li ha eseguiti con Gian Luca Nanni alla batteria, Marco Lazzarini al sax, Elisa Nanni voce. La tracklist di Signorini comprende standard di canzoni del Novecento riarrangiate con inventiva. Sono “Goody Goody”, “Day by day”, “Eu sei que vou te amar” di Vinicius De Moraes, la romantica “Moon river” in chiave jazz. «Per “Moon river” Nanni ha scritto un assolo che per me è un capolavoro – si entusiasma Signorini -. Andrebbe studiato nei conservatori». Nel disco pure “How do you keep the music playing?”, la francese “Que rest t il de nos amours” di Charles Trenet, “Saturday night is the loneliest night” del mito Sinatra, tutte cantate da Signorini. «Nutro un pizzico di invidia per musicisti come Bruno – commenta Stefano Nanni -. La dimensione dei successi musicali di allora è un qualcosa di inimmaginabile per me, avrei voluto godere di quel tipo di sensazione». Il ricavato del cd va in beneficenza. CLA.RO.

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