Sigismondo d'oro. A Rimini la premiazione delle due associazioni

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A due associazioni civiche è andato il Sigismondo d’Oro per l’anno 2021. A ‘Rimini Autismo’ e a ‘Basta merda in mare’ è stato assegnato il riconoscimento attribuito alla fine di ogni anno ai riminesi che abbiano onorato, con la propria attività, la città.

Una scelta che ha un evidente comun denominatore, l’impegno di cittadini e gruppi di cittadini che con la loro incessante attività pluriennale, hanno contribuito a migliorare la nostra comunità in termini ambientali, sociali, relazionali e culturali, superando ingiustificati ritardi e veri e propri tabù, ponendo nella giusta luce e dimensione problemi prima misconosciuti e credendo fermamente nell’apporto straordinario che può dare ogni persona al bene comune.

La cerimonia di consegna del riconoscimento è avvenuta questo pomeriggio al Teatro Galli. Per l’associazione “Rimini Autismo” ha ritirato il riconoscimento la presidente dell’associazione Alessandra Urbinati, per l’associazione “Basta merda in mare” il riconoscimento è stato ritirato dal presidente Luca Randi

La cerimonia è stata aperta dal saluto di fine anno del sindaco Jamil Sadegholvaad:

“Buonasera a tutte e a tutti,

grazie per essere venuti nel nostro Teatro Galli in una fredda sera di dicembre ma, credo, sia un bel momento per ritrovarci a pochi giorni dal Natale, per scambiarci gli auguri ma soprattutto per tributare a nostri concittadini riconoscimento e gratitudine per l’impegno speso a favore della crescita della nostra Comunità riminese.   

Benvenuti dunque alla cerimonia di consegna del Sigismondo d’Oro. Nell’atto che 27 anni fa istituì questo riconoscimento si legge che esso è rivolto ai cittadini riminesi ‘che abbiano onorato con la propria attività la Città di Rimini’. E’ un premio, dunque, al valore morale, al merito di una persona o di un gruppo di persone nel rapporto con la sua/loro comunità.   

Quest’anno riconosciamo il Sigismondo d’oro a due Associazioni, realtà che hanno alle spalle una lunga e intensa attività di impegno civile e volontariato, fondata sul concetto di mutuo soccorso: un link antico ma allo stesso tempo moderno, quello dell’altruismo come forma più alta di relazione tra individuo e collettività.   

Le Associazioni sono: ‘Rimini Autismo’ e ‘Basta merda in mare’.  

Ma in quale contesto sociale e economico operano queste associazioni?   

L’ultima fotografia demografica ci racconta come a Rimini vivano 150.072 persone, 78.103 donne e 71.969 uomini. Di questa popolazione, il 22,14 per cento risiede nell’ex Quartiere 5, più o meno l’area di Rimini Nord. La componente straniera sul totale è del 13,32 per cento; le famiglie sono 67.690, 220 in più rispetto al primo semestre 2020. Aumentano i matrimoni, mentre l’aspettativa di vita si conferma tra le più alte del Paese, 82 anni. Al terzo trimestre erano 34.720 le imprese attive sul territorio riminese, con un saldo attivo di 149 rispetto all’anno scorso.   

Questa la macro carta d’identità della comunità di Rimini.

150 mila abitanti, 150 mila storie da raccontare e, tra queste, vi racconto, ad esempio, quanto riferitomi tempo fa da uno dei genitori, uno di questi magnifici genitori che compongono l’universo di Rimini Autismo: il figlio è riuscito a uscire dall’isolamento di casa propria, grazie alla rete sociale e di volontariato cittadina, accumulando quelle relazioni che adesso al mattino lo portano a essere riconosciuto e accolto da tanti ‘buongiorno’ nel tragitto quotidiano per strada. Quei saluti vogliono dire tanto: vogliono dire “tu sei parte di questa comunità, sei parte della nostra forza, sei parte di noi”. E’ una straordinaria gratificazione per il ragazzo e allo stesso tempo per il genitore.  

Ognuno ha una propria storia individuale, ognuno contribuisce alla storia collettiva. Senza eccezioni.

Vale per la fase inaudita che il mondo vive quest’oggi, ma valeva in ogni caso anche prima: se nessuno si salva da solo, allora le nostre fondamenta non possono che affondare nella comunità, che è rapporto con gli altri condividendo una serie di elementi civili e morali che possiamo chiamare valori.   

Sarà anche abusata, ma la frase di JF Kennedy sul necessario apporto del contributo personale alle sorti comuni contiene una verità di fondo che è eterna: la responsabilità nei confronti di quello che ci circonda, delle relazioni che intessiamo con le altre persone e i luoghi. Non possiamo svicolare o chiamarci fuori.   

Diffido della cultura del genio solitario, del deus ex machina: la storia insegna che tutto quello che è attesa salvifica, speranza riposta su un solo elemento per quanto capace o efficiente, alla lunga provoca un danno culturale a un sistema più vasto, a quel punto passivo perché deresponsabilizzato.   

Siamo in una fase in cui non possiamo permetterci di perdere alcuna parte, anche minuscola, di quello che siamo. Prendiamo Rimini. Città in vorticoso cambiamento, che ha fatto scelte radicali sul fronte della rigenerazione urbana, alla ricerca di un nuovo equilibrio e una nuova armonia con il contesto naturale.   

Dobbiamo certamente continuare su questa traiettoria. Dobbiamo però fare in modo che essa diventi volano di contributi, di investimenti, di idee che provengono dalla comunità intera, recuperando e rilanciando con gli strumenti più attuali e innovativi il metodo che io chiamo ‘Piano Strategico’.   

Sottolineo ancora una volta come indispensabile e centrale sia abbattere quelle diffidenze o vere e proprie barriere che provengono da categorie novecentesche.   

Il secondo tempo di questo cambiamento che fa di Rimini una straordinaria case history a livello internazionale deve essere caratterizzato dal passaggio dalla disponibilità al protagonismo.   

Le persone, le imprese economiche, le imprese sociali, il mondo delle professioni, hanno bisogno di ancora più fiducia, sostegno, libertà, partecipazione. Bisogna superare definitivamente la diffidenza, la distanza, anche il pre-giudizio alcune volte, della macchina pubblica, verso ciò che è privato. Con una comune progettazione del futuro, pubblico e privato insieme.   

Il privato è ricchezza. L’iniziativa privata, se sana, è ricchezza, lavoro, sviluppo. L’associazionismo economico e quello sociale e solidale sono la sostanza di un riformismo che non lascia indietro nessuno e spinge in avanti tutti.  ‘Rimini Autismo’ ne è straordinario esempio, visto che buona parte dell’impegno di questa eccezionale associazione fatta di famiglie riminesi è orientata alla costruzione di relazioni e ponti tra ragazze e ragazzi con disturbi a spettro e le realtà lavorative locali. Progetti comuni e concreti che producono vere opportunità di lavoro attraverso una forma altissima di quella che si definisce con una parola ‘partecipazione’. 

Impresa è bello. Lavoro è vita. Solidarietà e responsabilità sono senso vero della vita. E della vita assumono perfino le sfaccettature fantasiose, bizzarre, perfino provocatorie.   

E’ testimonianza l’associazione che premiamo questa sera. Ha nel suo stemma araldico una parola ‘indicibile’. Detta dentro a un teatro come questo può essere un incoraggiamento beneaugurante per il successo di uno spettacolo ma pensate al tipo di impatto che quel termine e quell’associazione poteva avere quando, a fine anni Novanta, fece la sua comparsa.   

Merda. Non si poteva parlare di merda, come non si poteva parlare allora di infiltrazioni criminali. Si diceva: “danneggia il turismo, danneggia l’immagine. Danneggia”.   

Hanno però danneggiato di più quei tabù lessicali, protratti per decenni. Se non viene detto, non esiste e se non esiste che senso ha metterci mano? La parola porta con sé un contenuto e il contenuto un confronto.   

Si è partiti dalla merda per ‘concimare’ il dibattito che ha poi portato a una svolta culturale condivisa, diventato il Piano di salvaguardia di balneazione e un intervento complessivo che è valso l’apprezzamento ufficiale dell’ONU quale ‘best practice’ urbana mondiale. Siamo sicuri che senza quella provocazione lessicale e sostanziale, la classe dirigente riminese tutta avrebbe abbracciato quella sfida?   

Questo per dire che la vita di una città, di una comunità, non coincide con i progetti e le realizzazioni di una amministrazione comunale. C’è molto altro fuori da qualsiasi palazzo comunale per non essere considerato elemento essenziale allo sviluppo e al benessere delle persone che abitano in quel luogo.   

Il ruolo della politica e dell’ente pubblico non può mai essere quello del bambino protagonista, semmai della levatrice che aiuta la nascita. Solo così si alimenta il protagonismo civico e civile, solo così si annaffia il senso di responsabilità e di solidarietà che, alla fin fine, è anche quello che ci dice che vaccinarci contro il Covid è soprattutto un atto d’amore verso gli altri. E quell’amore io credo sia un obbligo morale, non una facoltà.   

Dobbiamo organizzare i migliori strumenti e allestire le migliori condizioni affinché ogni riminese sia libero e incentivato a esercitare il proprio senso di responsabilità, migliorando la città e dunque la vita di tutti. Un Comune deve essere moderno, organizzato, aperto, trasparente. E prima di ogni cosa trovare soddisfazione se la comunità realizza un progetto o una cosa bella e non se lo fa esclusivamente quel sindaco o quell’amministrazione.   

So che in questi giorni è difficile alzare la testa e guardare al giorno per giorno. Troppe incertezze, troppe notizie che si accavallano l’una sull’altra rendendo confuso il futuro di ognuno e di tutti anche a poche settimane. Siamo mesti e preoccupati.   

Dobbiamo vivere, però. E più che mai programmare le azioni comuni che, quando sarà il tempo, completeranno la rivoluzione urbana in corso, consentendoci di tornare a correre.   

Tra queste azioni evidenzio l’aeroporto di Rimini. Dobbiamo tornare a pensarci e a pensarlo nell’ottica della sua strategica importanza per il nostro territorio. Pubblico e privati assieme. E’ ormai il tempo di lasciarci alle spalle polemiche e problemi per approntare quella operazione ufficiale e trasparente che dia sostanza e sostegno al turismo, alle fiere e ai congressi, all’industria, tutte componenti di una città in procinto di un definitivo salto nella dimensione di una capitale europea. Su questo tema e, in generale, su ogni altro tema, la nostra disponibilità a un lavoro sinergico e collaborativo con la Romagna, con la Regione, con Bologna è piena e totale.

Non a caso la grande piattaforma progettuale strategica chiamata RomagnaNext e che mette assieme i Comuni dell’area romagnola, vede Rimini tra i suoi promotori più entusiasti e convinti. Su accessibilità, mobilità, alta velocità, economia, cultura saremo chiamati a scelte decisive e forti. Con questo medesimo spirito vogliamo approcciarci alle relazioni e ai progetti con i Comuni della provincia di Rimini e con la Repubblica di San Marino. Ai primi dico: non facciamone questioni di appartenenza politica se possiamo collaborare a progetti e iniziative che migliorino e promuovano il nostro territorio. Al secondo dico: Rimini ha tutta l’intenzione di aprire una fase nuova con la repubblica di San Marino in ordine allo sviluppo dell’aeroporto, alla viabilità, ai progetti comuni di promozione del turismo e della cultura.  

Ma con pacatezza e assoluta serenità, sono per la chiarezza: se, ad esempio, tutte le annunciate scelte strutturali che deve compiere la Romagna fossero confutate da iniziative e fatti opposti, non avrei problemi a passare la mano.  

Il cambiamento oggi necessario significa, prima di ogni cosa, fare e programmare le azioni che servono per il presente e il futuro. Bisogna uscire dalla stretta e dalla logica delle misure d’emergenza. Pensiamo proprio al Covid: è un virus sconosciuto, enigmatico, che costringe ogni pochi mesi il mondo intero a modificare misure di contrasto, abitudini e comportamenti. L’approccio non può più limitarsi all’emergenza e ai lockdown più o meno estesi, più o meno locali. La sanità e un suo cambio radicale di parametro deve essere il punto di ogni ripartenza. Occorre investire in nuove strutture e in nuovo personale. Non si può ancora per molto andare avanti con reparti fatti sgomberare in fretta e furia nel caso di ondate pandemiche. I danni alla salute collettiva non sono ancora evidenti ma certamente ci sono e ci saranno, anche per ciò che riguarda le cure per malattie non Covid. Il senso di responsabilità di una società lungimirante va nella direzione di costruire nuovi ospedali e assumere nuovo personale; ma anche sapere orientare a livello scolastico e universitario i nostri giovani verso professioni qualificanti di cui c’è enorme necessità. Probabilmente andrà aggiornato lo stesso progetto di sanità territoriale della Case della Salute, aggiornandolo e potenziandolo con reparti e mezzi capaci di venire in aiuto efficacemente allorché si avvicina una nuova ondata pandemica, senza andare a compromettere le strutture ospedaliere e sanitarie tradizionali.  

Ormai si parla di PNRR in qualsiasi contesto, ma deve essere chiaro che il PNRR non è un bancomat per progetti che abbiamo in un cassetto da troppo tempo.   

L’epoca straordinaria che viviamo ci impone di alzare lo sguardo. Dobbiamo essere levatrice e non neonato. Dobbiamo tornare a credere negli altri, nell’organizzazione collettiva dell’intelligenza, nella comunità, nell’autonomia intellettuale che prima usa le parole proibite per convincerti a cambiare la sostanza dei comportamenti, nell’amore per i propri figli che diventa amore per tutti e in cui tutti si riconoscono parte indispensabile e irrinunciabile.   

L’altruismo, la solidarietà, l’affetto, il senso di responsabilità non sono ereditari. Ereditari sono gli esempi.

Come neo sindaco so bene che sarò giudicato esclusivamente per quello che farò e non per quello che dirò o prometterò. Sono consapevole di tutto questo e lo sento sulla pelle come un impegno e una sfida.   

Ma la capacità di centrare impegni e sfide sarà proporzionale alla capacità di coinvolgere la città non nel singolo progetto del Comune ma verso un orizzonte comune in cui tutti ci possiamo sentire cittadini a tutti gli effetti.   

L’ho fatta un po’ lunga ma spero comprendiate che anche per me è una prima volta su questo palco. Per non emozionarmi continuo a dirmi: sono un riminese tra riminesi dentro al teatro di Rimini.    

Ora lascio la parola ai due Sigismondo d’Oro 2021. La serata, come il merito, è tutta loro. Io vi ringrazio. Ringrazio il consiglio comunale, le istituzioni, il nostro Vescovo Lambiasi, i lavoratori, le famiglie, tutti i riminesi che hanno consentito alla città di oltrepassare bene un altro anno complesso, difficile. Un ringraziamento speciale va a chi lavora nella sanità: medici, infermieri, personale tutto. Un anno fa eravamo qui, in questo teatro, a esaltarne simbolicamente il lavoro e il valore, insignendo l’Ospedale ‘Infermi’ del Sigismondo d’Oro. 365 giorni dopo gliene consegniamo idealmente uno bis. Perché, se è possibile, il loro contributo negli ultimi 12 mesi è stato ancora più prezioso perché ancora più difficile, e non solo a causa del virus. Si fa presto a passare da eroi a bersagli agli occhi di cretini e negazionisti. Ma noi, ma Rimini sta dalla parte della scienza, della sanità, degli operatori. Ci sta oggi e ci starà domani e sempre.  

Voglio ricordare chi ci ha lasciato nel 2021: tante persone, i nostri cari. Un numero elevato, inferiore al 2020 ma comunque superiore a quella che chiamiamo normalità.   

A queste persone il nostro saluto, il nostro ringraziamento per quanto hanno fatto per Rimini e la nostra promessa di non dimenticarli e di operare al meglio nel presente e nel futuro anche per loro.

Grazie, buon Natale e un felice 2022. E, per favore, vacciniamoci.”

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