"Si fest" di Savignano, parla il direttore Denis Curti

Cultura

SAVIGNANO. Denis Curti è di nuovo al timone della direzione artistica del Si fest di Savignano. Ha scelto di porre al centro della 28ª edizione, al via oggi, il tema della seduzione: un’immagine riflessa nello sguardo, una composita fascinazione che sembra proprio abbracciare il concetto stesso di fotografia.
In quali ambiti si estenderà questo “Si fest”, e con quali novità?
‹‹Ho sempre mantenuto un rapporto con il Si fest, seguendolo con interesse fin dalle prime edizioni. Interesse anche per l’importanza che questo festival continua a mostrare sul piano del lavoro organizzativo, come un laboratorio di particolare valore. Quando il sindaco Giovannini mi ha ricontattato ho risposto con grande entusiasmo. Nel frattempo avevo curato mostre di grandi fotografi, rassegne e festival come quelli di Capri, Bergamo, Venezia, e sono tornato con la convinzione di poter portare una serie di approfondimenti in un terreno fertile. Il tema della seduzione mi è caro da sempre. La fotografia ha un carattere ambiguo ma seducente. Siamo sedotti dalla fotografia, che ci permette di fare riflessioni e approfondimenti che non è possibile fare con altri mezzi espressivi››.
Ha voluto fare quello che ha definito ‹‹un festival molto italiano… ricco di talenti, e sempre di più in una prospettiva internazionale». Perché?
‹‹Sono convinto che in Italia ci sia spesso un eccesso di esterofilia. Quindi, rispetto alle ultime edizioni, ho voluto riposizionare il festival (il primo nato in Italia nel settore) sulla presentazione di talenti italiani che hanno un loro modo straordinario e intelligente di vedere le cose. Non è un discorso protezionistico, e lo mostra anche l’inserimento nel programma di una mostra come quella della Collezione Gibelli con opere di grandi autori internazionali. Quindi, un festival con un cuore italiano e uno sguardo internazionale, come mostreranno anche i temi su cui si appunteranno talk e incontri in programma››.
Lei ha affermato che questa edizione mostrerà tutto il potere comunicativo e seduttivo della fotografia ‹‹che è come un bisturi che afferra e porta alla luce ciò che gli occhi non vedono››. In che maniera lo farà?
‹‹Credo che un’idea composita della fotografia debba comprendere ciò che con gli occhi non riusciamo a vedere. Gli artisti devono essere dotati di una specie di “sismografo” che permetta di far saltar fuori le angosce, le paure, i dubbi che sono in tutti noi. L’obbiettivo dev’essere come un bisturi fatto per esplorare. Quando guardi una fotografia vedi sempre una rappresentazione della realtà, non la realtà, ma l’idea con cui il fotografo si pone come interprete di fronte al reale. Quello che apprezzo è che in questo festival ci siano fotografi che sanno prendere questa posizione e dire il loro punto di vista sulle cose››.

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