Aveva perso le staffe e nonostante le scuse, il prezzo dello scatto d’ira era stato altissimo per uno come lui, che aveva fatto della musica da strada una scelta di vita: punito con un daspo urbano che lo aveva allontanato dalle strade del centro, via Diaz in particolare, il suo palcoscenico. Da “menestrello”, così come era solito farsi chiamare, a musicista esiliato da Ravenna, costretto ormai da quattro anni a esibirsi in altre città, Werther Bartoletti ha ascoltato ieri la sentenza del processo che lo vedeva accusato di violenza privata e minaccia aggravata per la reazione scomposta nei confronti del padre di un bimbo che si era avvicinato troppo alla sua chitarra. Musica per le sue orecchie: il giudice Tommaso Paone lo ha assolto con formula piena “perché il fatto non sussiste”.
Chiesta condanna a 5 mesi
La procura aveva chiesto la condanna a 5 mesi per l’episodio avvenuto il 25 maggio del 2019 proprio in via Diaz. Qui, le immagini filmate con il cellulare dalla titolare di un pubblico esercizio avevano fatto discutere, superando le 20mila visualizzazioni: il video riprendeva l’aspro litigio intercorso tra Bartoletti e il genitore. Erano poi volate parole grosse, e pure una pacca sulla spalla. E nei confronti della ragazza che stava riprendendo la scena, era arrivata una frase ritenuta intimidatoria, «Non ti preoccupare che di zucchero ce n’è per tutti».
La difesa
L’avvocato dell’imputato, Andrea Maestri, aveva chiesto l’assoluzione, parlando di «un diverbio certamente non edificante, ma non un’aggressione». E proprio quelle immagini pubblicate sui social avrebbero dato vita a un fatto «illecito e molto grave», contribuendo a scatenare «un vero e proprio linciaggio mediatico» nei confronti del menestrello, alimentando il «clima di odio». Quanto alle parole rivolte all’esercente, sarebbero da interpretare in chiave metaforica, con lo zucchero a rappresentare la volontà dell’artista di strada di sporgere querela nei confronti di chi lo aveva ripreso.
Ora è lo stesso legale che spezza una lancia a favore del proprio assistito, «trattato come un reietto dall’Amministrazione (regolamento comunale restrittivo a differenza di altre città come Rimini o Bologna, dove Bartoletti ha potuto esibirsi in questi anni, esiliato da Ravenna), dalla Polizia Municipale (ingiustamente colpito da revoca dell’autorizzazione ad esibirsi, daspo urbano) dalla Questura (misura di prevenzione personale tuttora in essere)». La sentenza, conclude, «riabilita la persona, il cittadino, l’artista di strada», che «ha subito minacce sui social» e ha dovuto rinunciare a «quella che in quegli anni era la sua unica fonte di sostentamento». Tolta la chitarra, quantomeno a Ravenna, per vivere Bartoletti ha oggi un lavoro stabile al porto.
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