Sfruttati nei campi a 5 euro all'ora, con una quota da lasciare ai caporali: in due a processo

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Caporalato in agricoltura, approdata in giudizio un’articolata indagine sullo sfruttamento lavorativo denominata “Operazione Spectrum”, coordinata dalla Procura della Repubblica e condotta dagli ispettori del lavoro di Ravenna, supportati da personale della locale Polizia di Stato.

La verifica ha avuto avvio dal controllo stradale della Polizia di due autovetture, guidate da due soggetti stranieri rivelatisi in seguito veri e propri “caporali”, che prelevavano all’alba presso un centro di accoglienza i lavoratori extra-Ue – privi di documenti -  trasportandoli nei campi per la raccolta dell’uva in alcuni fondi agricoli della provincia ravennate.

Dieci operai sfruttati

Le operazioni ispettive sono proseguite in un vitigno, dove gli  ispettori del lavoro  e il  personale della Polizia trovavano in attività 10 operai di nazionalità afgana e bengalese, tutti richiedenti asilo, formalmente assunti da una ditta agricola intestata  ad un cittadino extra-comunitario parente dei due presunti “caporali”, ma nei fatti  utilizzati al 100% nella raccolta da un’azienda agricola italiana, tra cui uno completamente “in nero”.

Nel corso delle indagini, gli ispettori accertavano che i lavoratori – controllati a vista durante la giornata da uno dei due caporali che si avvicendavano - venivano pagati con una media di 5  euro in contanti  all’ora, e in alcune circostanze uno dei presunti “caporali” tratteneva anche una quota dalla paga giornaliera.

L’attività degli ispettori ravennati ha evidenziato, inoltre, che ai lavoratori (formalmente assunti dalla ditta straniera  che aveva aperto le posizioni INPS pur senza pagare un euro di contributi)  su loro insistenza veniva rilasciato un cedolino del tutto privo degli obbligatori dati salariali, contributivi e fiscali, da parte della fittizia ditta straniera, completamente sconosciuta all’Erario e costituita al solo scopo di reclutare manodopera a basso costo.

Al termine delle complesse indagini che hanno interessato gli anni dal 2018 al 2020, i presunti “caporali”, per i quali sussiste la presunzione di non colpevolezza, sono stati deferiti all’autorità Giudiziaria, che ha deciso da ultimo di rinviarli a giudizio per le ipotesi di sfruttamento dei lavoratori e intermediazione illecita di manodopera.

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