"Servo di scena" a Cesenatico con Geppy Gleijeses: l'intervista

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“Servo di scena”, grande successo del drammaturgo inglese Ronald Harwood, che debuttò nel 1980, è un atto d’amore al teatro. Ed è questa commedia drammatica che inaugura la stagione di prosa del teatro Comunale di Cesenatico, stasera alle 21. A portarla in scena, per la regia di Guglielmo Ferro, è il napoletano Geppy Gleijeses (1954), nel ruolo di Sir, un vecchio primattore shakesperiano che si irrita e dispera. Gli è accanto la moglie attrice Milady (Lucia Poli), la direttrice di scena Madge (Roberta Lucca) e il fido Norman (Maurizio Micheli) il servo di scena, colui che accudisce Sir da una vita.

Questa volta è più difficile; bizzarria, capricci, inquietudini di Sir sono all’eccesso, si trucca da Otello ma deve interpretare Re Lear; i bombardamenti della seconda guerra, siamo nel 1942, lo incupiscono, lo agitano, si lagna delle sorti del teatro; alla fine, grazie alla pazienza di Norman, andrà in scena. Ma, dopo gli applausi, rientrato in camerino, per Sir arriverà il definitivo addio alle scene. Gleijeses è più instancabile del protagonista che interpreta; continua a presentare una drammaturgia prolifica di titoli, si alterna da attore e regista, e porta avanti l’antica tradizione del capocomico.

Gleijeses le mancava un ruolo da mattatore come si dimostra il protagonista di “Servo di scena”?

«Diciamo che un po’ ci sguazzo, mattatore lo sono sempre stato ma con generosità, mi piace che gli altri abbiamo lo stesso mio successo. Questa commedia l’abbiamo messa in scena in omaggio al centenario di Turi Ferro (1921-2001), ha la regia del figlio Guglielmo Ferro che aveva diretto il padre nel ruolo di Sir nel 1992. È una commedia meravigliosa, attualissima, che ritrae anche i vizi dei mattatori. La parte me la sento addosso perfettamente, anche se sono ancora troppo giovane per fare Sir».

Chi è il servo di scena e come ha scelto gli interpreti?

«La figura del servo di scena non esiste nella tradizione del teatro italiano; si potrebbe tradurre “vestiarista”, un attendente che si occupa di tutte le esigenze del prim’attore. L’ho affidato a Maurizio Micheli, attore che si è distinto in ruoli brillanti, ma qui bravissimo nei risvolti drammatici. Con Lucia Poli, Milady, c’è una vecchia amicizia, e poi comunanza di idee, di vedute, affinità. La prima volta insieme fu più di vent’anni fa ne “L’importanza di chiamarsi Ernesto”».

Com’è essere capocomico oggi?

«A me che sono di scuola eduardiana viene naturale; sono stato il più giovane capocomico ad avere compagnia, dirigere festival, scrivere, una macchina da guerra. La tradizione del capocomicato non esiste più, ma credo che avere una tua compagnia ti protegge, ti consente di fare le scelte che desideri. A Cesenatico siamo alla penultima recita di “Servo di scena”, poi inizio la regia di “Testimone d’accusa” spettacolo che sarà sempre a Cesenatico il 16 febbraio. Il 3 febbraio invece, a Bagnacavallo, debutta “Così è se vi pare” di Pirandello sempre con mia regia».

Lei come è arrivato al teatro?

«Mi coinvolsero amici del liceo Umberto I di Napoli. Era il 1972 e mi trovai sul palco con Mario Scarpetta pronipote di Eduardo, due adolescenti con Aristofane. Fu un successo immediato, una prima volta che ti fa capire subito se può funzionare. Continuai con spettacolini miei, e rifiutai Eduardo De Filippo per tre volte. Poi, due anni dopo quel rifiuto, gli chiesi i diritti di due sue commedie. Mi ricevette nella sua casa, mi diede suggerimenti su regia e interpretazione. Al critico di “Paese sera” disse: scrivi che a questo giovane revoco il veto delle mie opere. Ebbi questa benedizione, non aveva mai concesso i diritti».

Certo che rifiutare di recitare con Eduardo….

«Mi ero appena iscritto all’università, famiglia nobile di professionisti, padre avvocato al Comune di Napoli e insegnante universitario a Scienze Politiche. Volevano che mi laureassi. Così feci, mi laureai in Giurisprudenza in tre anni, pubblicazione della tesi e 110 e lode, mi volevo togliere di mezzo il diploma. Quando mio padre mi disse di fare gli esami da procuratore, gli risposi: hai avuto la laurea, adesso decido io. Devo ammettere però che, per l’attività che faccio anche da imprenditore, una formazione giuridica mi è servita».

Le piace la vita del teatrante nomade sempre in viaggio?

«Sì mi piace ancora spostarmi per l’Italia; e adesso siamo in 4; con me ci sono Roberta Lucca attrice e da sei anni mia compagna di vita, che mi ha reso padre per la seconda volta, a 67 anni, di Ginevra che ha un anno (Gleijeses è anche padre dell’attore Lorenzo, 42 anni, ndr), con noi tre c’è pure la babysitter. Un carro di Tespi, mutatis mutandis».

Info: 0547 79274

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