Sempre sequestrabili i compensi dell’Amministratore?

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Per rispondere a questo interrogativo occorre far riferimento all’orientamento da ultimo espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 16 aprile 2021 n. 14250. Va precisato che l’argomento sta suscitando interesse considerato che l’Autorità giudiziaria sta facendo sempre più ricorso a misure cautelari reali che colpiscono il patrimonio della persona indagata di aver commesso un reato. Quali sono le misure cautelari reali che possono essere emesse? Il sequestro si definisce preventivo quando viene disposto al fine di impedire che i valori vincolati possano favorire la prosecuzione nel reato; si chiama conservativo quando il suo fine consiste nell’impedire all’indagato di disperdere il proprio patrimonio per sottrarlo a future sanzioni derivanti dall’esito del procedimento penale.

Dal sequestro bisogna distinguere la confisca; quest’ultima consiste in un provvedimento di definitiva sottrazione del bene a causa della commissione di un reato o di un illecito amministrativo. Si definisce confisca per “equivalente”, quando non essendo possibile rinvenire beni o altri valori che direttamente costituiscono il profitto o il prezzo del reato, apprende beni o valori del reo ancorchè non direttamente connessi al reato.

Il caso risolto dalla Suprema Corte nella sentenza sopracitata riguardava un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Napoli per gravi reati tributari, funzionale alla confisca per equivalente della somma di 50.000,00 euro rivenuta nella disponibilità del prevenuto, il quale ne riconosceva l’importo a titolo di stipendio percepito nella propria qualità di amministratore della società (omissis) S.p.a., contestandone il provvedimento anche in relazione ai limiti di pignorabilità ai sensi dell’art. 545 c.p.c. Nello specifico, il soggetto aveva eseguito nella qualità di legale rappresentante della società (omissis) S.p.a. ed altre società collegate al gruppo di impresa, in concorso con altri indagati, indebite compensazioni di debiti tributari e false fatturazioni, finalizzate a far apparire elementi negativi fittizi nelle dichiarazioni annuali sui redditi e sul valore aggiunto.

A tal proposito, gli “ermellini” registrano tre orientamenti sul punto ai limiti di pignorabilità nelle fattispecie come quella in esame: 1) maggioritario, ovvero favorevole all’applicazione delle limitazioni del Codice di procedura civile al sequestro preventivo penale; 2) contrario alla predetta applicazione perché il Codice regola rapporti tra privati, mentre l’interesse pubblicistico tutelato con il sequestro esclude che la pretesa conseguente sia di natura civilistica; 3) di tipo intermedio secondo cui il divieto di pignoramento non opera se le somme sono già state corrisposte all’avente diritto e sono confuse con il suo patrimonio perdendo così l’originaria natura “alimentare”.

La Corte di Cassazione nel rispondere in senso affermativo al quesito sulla sequestrabilità delle somme percepite dall’Amministratore di società allorchè siano stati commessi gravi reati tributari fornisce le seguenti precisazioni. Secondo la Suprema Corte, nel caso in considerazione, rispetto alla regola di impignorabilità secondo i limiti prefissati dall’art. 545 c.p.c., valgono altri criteri che fondano le proprie ragioni sulle funzioni tipiche di gestione e rappresentanza dell’ente. In altri termini, i compensi dell’amministratore divergono dai “normali” crediti da lavoro. La loro “specialità” è conseguente al rapporto organico tra persona fisica ed ente, tale per cui non appare irragionevole e incostituzionale un diverso trattamento rispetto ai crediti da lavoro.

In definitiva, secondo la sentenza, nonostante le somme derivassero dalla remunerazione del ruolo di Amministratore svolto dall’indagato, risultavano comunque al di fuori dell’ambito della previsione dell’articolo 545 c.p.c. che pone dei “paletti” unicamente ai crediti da lavoro in senso stretto, ma non agli emolumenti dell’Amministratore. Pertanto, secondo l’orientamento da ultimo citato, viene riconosciuta la piena legittimità del sequestro dei compensi dell’Amministratore in caso di commissione di gravi reati tributari contestati alla società. I giudici di legittimità hanno optato quindi per l’orientamento più rigoroso che non fa salvi i compensi dell’Amministratore allorchè provengano dalla commissione di illeciti penali della società.

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