Se il voto è una fuga dalla realtà

Editoriali

Dal 1994 a oggi gli italiani vanno alle urne agendo d'istinto, comportandosi più o meno come il mio cane, ancora cucciolo e immaturo, quando si trova di fronte a un pericolo potenziale. Se vede un altro cane arrivargli incontro tende a tirare nella direzione opposta, correndo il rischio, se non viene rassicurato adeguatamente e al bisogno trattenuto, di finire sotto una macchina in corsa.
Gli elettori dell’ultimo trentennio, sempre meno informati - oggi al limite dell'analfabetismo -, e terrorizzati dalla prospettiva inesorabile di un futuro oltremodo incerto, tendono, istintivamente, ad andare, analogamente a un quadrupede, nella direzione opposta al pericolo che intravedono, finendo per identificare tutto ciò che li circonda nel pericolo stesso. O fuggendo dal nemico immaginario che l'affabulatore di turno fa diventare reale nella loro testa. Il comunismo, i politici da rottamare o da mandare affanculo, i migranti, gli omosessuali, l'Europa, i vaccini. I sindacati. Persino i medici di base e Peppa Pig. Tutte minacce da estirpare.
Vince chi si vende come nuovo o sufficientemente lavato per tornare a risultare, a prescindere da un dato di realtà, migliore di chi si gioca la faccia affannandosi per risolvere i problemi del Paese. Gli italiani, la storia va ripetendosi, fuggono alle minacce del presente e rispondono in blocco al migliore piazzista politico del momento. Al Berlusconi del milione di posto di lavoro, al Renzi degli ottanta euro, al Grillo dell'uno vale uno e al Salvini dei migranti brutti e cattivi da lasciare in mezzo al mare e delle famiglie con una mamma e un papà.
Domenica scorsa gli elettori hanno risposto presente al richiamo di Giorgia Meloni, premiandola per essere stata la sola a non farsi carico della responsabilità di sostenere un governo di unità nazionale guidato dal “migliore statista al mondo” del 2022. Non ha neppure la laurea, la presidente del Consiglio in pectore, è tutt’altro che nuova in politica - era ministra nel governo Berlusconi quando l’Italia rischiò la bancarotta - e viene da un passato (e un presente?) imbarazzante a livello internazionale. Tutto vero ma conta poco. Istintivamente va mandato a casa chi è al governo mentre salgono il prezzo del gas e quello della corrente elettrica. Poi sarà quel che sarà.

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