Se gli eventi diventano un bersaglio

Editoriali

Invece di dettare la tendenza, il nostro territorio si sta uniformando alla moda del “contro tutto”. Lamentarsi di tutto e per tutto, sta contribuendo alla perdita del nostro ruolo di territorio di vacanza e divertimento. Bersagli preferiti gli eventi, i giovani e il mondo della notte, rei di disturbare la quiete e la pace della sempre più sonnolente Riviera. Fermo restando il legittimo diritto al riposo, varrebbe la pena analizzare chi siamo e cosa siamo.

Il turismo non è solo la nostra immagine, ma è volano di crescita, produce la stragrande maggioranza del Pil e ha un ritorno economico per tutti, non solo per chi se ne occupa direttamente. Se questa situazione non è chiara, se i cittadini e gli imprenditori anziché aprire le porte all’ospitalità a fronte di qualche personale disagio, le sprangano nel nome del proprio orticello, rischiamo di prendere la strada verso l’oblio.

Abbiamo rincorso le famiglie, gli anziani, i gruppi organizzati, gli sportivi convenzionati, ma nell’ultimo decennio abbiamo evitato scelte che potessero favorire il turismo del divertimento solo perché è più complicato da gestire, nonostante abbia grande potenzialità, enorme capacità di spesa e di influenza sui flussi. Così abbiamo affossato in fretta un nostro comparto leader in Europa e i competitor, sgomitando tra loro, si sono accaparrati senza tanta fatica ciò che la Riviera aveva costruito negli anni. Me lo hanno candidamente confermato amministratori e imprenditori durante i miei viaggi all’estero come rappresentante nazionale del SILB.

Il rischio è che le nuove generazioni non riconoscano più il nostro brand come sinonimo di vacanza. Un disastro, pensando al futuro. Per i diciottenni stranieri in molti casi è già così, mentre riconoscono Par o Hvar. Ora anche gli italiani iniziano a preferire altre mete, dove i ragazzi sono la stragrande maggioranza e dove anche i cinquantenni preferiscono andare, magari per sentirsi i più vecchi tra i giovani anziché i più giovani tra i vecchi. Eventi sulla spiaggia libera no, la musica all’aperto no, lo Spring break no, le chiacchiere fuori dal locale no, le discoteche no… Si sta provando a cancellare un intero segmento e ora sono altri Paesi a insegnarci come fare e soprattutto quanto vale.

Un percorso dequalificante, come il “tutti fanno tutto” che frena gli investimenti e impoverisce tutti. L’albergo che organizza feste per tenere gli ospiti nel proprio recinto, i bar che fanno i ristoranti, i ristoranti che fanno le discoteche e viceversa, le spiagge che fanno tutto tranne forse far dormire nelle cabine: non è questa la strada da percorrere. E ciò non significa voler mettere limiti all’imprenditorialità, ma sottolinea il bisogno di una logica e di regole certe per chi opera nello stesso mercato, pena la definitiva impossibilità di investire e innovare.

Siamo sempre stati bravi a far coesistere le diverse anime del nostro turismo, ma a tenerle insieme erano la tolleranza, il senso di ospitalità e la voglia di crescere di tutti noi. Davvero dobbiamo alzare bandiera bianca davanti ai lamenti (che fanno il giro del mondo sul web) anziché dotarci di doppi vetri o cercare strade alternative? Guardiamo cosa siamo stati capaci di fare con il fieristico e il congressuale: da meta sconosciuta siamo diventati polo attrattivo che convoglia centinaia di migliaia di persone. L’anno prossimo arriveranno in 500.000 per l’Adunata degli Alpini. Sarà una importante cartina tornasole della nostra capacità di fare sistema. In quest’ottica forse devo leggere la creazione di “Città Romagna”. Salutiamo con piacere e attenzione questo nuovo soggetto, anche se nato senza coinvolgere le rappresentanze di buona parte del comparto turismo, del commercio che è il settore economico principale con il 23,7% delle imprese attive in Romagna, ma nemmeno dei trasporti, dei servizi e dell’artigianato. Città Romagna è nata ugualmente e le facciamo i migliori auguri.

Io sono ancora fiducioso sul nostro appeal turistico, ma bisogna prendere il toro per le corna. Prima di ogni altra cosa è fondamentale un approccio culturale alla questione, da sviluppare fin dagli ambiti educativi. Serve riattivare una sensibilità al fare impresa nel turismo che forse un tempo era scontata, ma che oggi è il caso di ribadire coinvolgendo tutti: istituzioni, imprenditori, cittadini e chi ha a cuore il bene delle nostre città, della nostra destinazione, del nostro brand. Infrastrutture riqualificate e collegamenti internazionali con un aeroporto che riparte rappresentano i capisaldi. Dobbiamo stare vicino al nostro scalo: oltre alle istituzioni, come ha già dichiarato la Regione, serve maggiore collaborazione da parte di privati e associazioni di categoria. Parliamone, incontriamoci, attiviamoci tutti: l’aeroporto è la nostra indispensabile porta sul mondo.

Eppure il vero “plus” per il nostro territorio sono le persone, siamo noi. Non possiamo restare miopi di fronte a quello che ci insegna il mercato. Lui sì, è sempre pronto a dare indicazioni.

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