"Se devi dire una bugia dilla grossa" al Fabbri di Forlì

Un “evergreen” della comicità, una macchina teatrale perfetta: oggi e domani (ore 21) e alle 16 domenica 29 gennaio, al teatro Diego Fabbri di Forlì si alza il sipario su “Se devi dire una bugia dilla grossa” di Ray Cooney, nella versione italiana di Iaia Fiastri.

In scena in questo omaggio a Pietro Garinei e alla ditta Garinei & Giovannini, che lo misero in scena in Italia per la prima volta nel 1986, una compagnia di talenti diretta da Luigi Russo: Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti, Paola Quattrini, Nini Salerno e Sara Adami – che per le repliche forlivesi sostituirà Paola Barale causa indisposizione dell’attrice –, affiancati da Cristina Fondi, Sebastiano Colla, Marco Todisco e Ilaria Canalini.

Una curiosità: Paola Quattrini torna qui a ricoprire il ruolo di Natalia, moglie dell’onorevole De Mitri, che è sempre stato suo fin dal debutto accanto a Johnny Dorelli e Gloria Guida.

«Ray Cooney ha realizzato un meccanismo teatrale fatto di personaggi ben disegnati, e di equivoci irresistibili che trascinano il pubblico – commenta l’attore Antonio Catania –. E se è vero che compare una velatissima critica a certi politici come l’onorevole De Mitri che approfittano del loro potere per fare intrallazzi, la risata è comunque leggera, liberatoria… e necessaria, dopo due anni di buio!».

Lei interpreta proprio De Mitri.

«Che è un cialtrone, e in questo è trasversale. In lui si vede come l’ebrezza del potere porti a comportamenti censurabili, immagina infatti una notte di sesso con una giovane collega, anche se la moglie è nella stanza accanto e tutto gli è contrario: ma se ne inventa mille, e può contare anche sull’abilità del segretario, impersonato da Ramazzotti, che fa di tutto per salvare la situazione fino a… immolarsi con Natalia».

Ed ecco gli equivoci, il gioco e alla fine il divertimento.

«Sì, è una commedia scoppiettante con personaggi ben disegnati. Già Iaia Fiastri aveva disseminato poi elementi più moderni, e lo stesso abbiamo fatto noi, così per esempio quando viene nominato il ministro della Giustizia, i nomi si adattano ai nostri tempi».

In una “macchina” comica del genere occorre molto affiatamento.

«È vero, il ritmo è preciso e veloce, non c’è spazio per l’improvvisazione, non ci sono tempi morti o fasi riflessive anzi ti devi… scapicollare: pensi che c’è una scena fatta soltanto di porte che si aprono e si chiudono! Ed è proprio Cooney che ha voluto questa struttura, e non la si può mettere in scena in altro modo!».

Teatro, cinema, televisione: ma qual è il suo palcoscenico preferito?

«Ho avuto molta soddisfazione da alcune serie, come “Boris” o “The bad guy” apprezzata in tutto il mondo. Sono prodotti realizzati con attenzione, cura, mezzi: lo stesso “Boris” nasce come critica alla televisione generalista dove spesso il lavoro è raffazzonato».

E il teatro?

«È una sfida quotidiana, è cura dei dettagli, attenzione al pubblico: è la serietà con cui affronti l’impegno».

E questa serietà la ritrova nello spettacolo italiano?

«Il livello tutto sommato è migliorato rispetto a tempo fa, anche grazie al digitale, visto che i giovani possono avere dei punti di riferimento planetari e confrontarsi con realtà mondiali. Del resto nel nostro mestiere non si può mai pensare di essere arrivati, anzi bisogna studiare come un grande attore riesca per esempio con metà dei gesti a dire la stessa cosa che tu esprimi con il doppio dello sforzo. È una questione di onestà, di coscienza dei propri limiti: ma solo così si può migliorare».

Gli interpreti incontrano il pubblico al ridotto del teatro sabato 28 gennaio (ore 18) con il giornalista Pietro Caruso.

Biglietti: 29-27 euro.

Info: 0543 26355
www.accademiaperduta.it

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