Scuola e sport dopo il Covid. Gli assessori: «Servono idee nuove»

«Questa crisi dissoda il terreno per una nuova semina». Lo ha detto Samantha Cristoforetti, che di lavoro fa l’astronauta e quindi è abituata a viaggiare alto anche nei ragionamenti. La speranza è che sia davvero così e che la nuova semina non resti uno slogan motivazionale da postare sui social di prima mattina, tanto poi al pomeriggio si riparte con la rassicurante routine. Il mondo dello sport giovanile dovrà ripartire in modo diverso e la politica romagnola deve iniziare a prenderne atto.


Dalla Nazionale di pallamano alla politica


L’assessore allo Sport di Rimini Gianluca Brasini è un testimone più che attendibile del difficile rapporto tra sport e scuola. In passato è stato un brillante giocatore di pallamano arrivando anche in Nazionale: «E quando giocavo, se si rinunciava alla convocazione in Nazionale per motivi di studio o di lavoro, si veniva squalificati per diversi mesi. D’altro canto, mantengo invece il ricordo di una professoressa di Ragioneria che mi veniva incontro e mi produceva i giustificativi per riuscire a conciliare sport e scuola. Ecco, conciliare sport e scuola deve essere la chiave e il trait d’union si chiama cultura sportiva. Finché l’educazione fisica sarà relegata ad attività collaterale della scuola, finché i genitori non inizieranno a capire che lo sport non è un baby parking per i bambini, allora avremo sempre molto da lavorare».


Il primo rischio una volta valicato il Covid? Per Brasini è essenzialmente uno: «Il dilagare del drop-out, dell’abbandono precoce dell’attività sportiva. È un fenomeno che rischia di essere terribilmente amplificato da questa situazione che ha cambiato le vite dei nostri ragazzi. Noi come Comune cercheremo di sostenere le società, pur nelle maglie di dpcm molto stringenti. Tutti questi mesi ci hanno insegnato che lo smart working aiuta e può essere una nuova finestra per il futuro. Ma lo sport in smart working non esiste».


Prima sportivo e poi assessore


Anche Christian Castorri (assessore allo sport del Comune di Cesena) nasce come allenatore e dirigente di calcio, poi la sua passione sportiva lo ha portato fino al ruolo di vicesindaco e assessore. «Scuola e sport sono i due pilastri su cui si costruiscono tanto la formazione quanto la socialità dei nostri ragazzi. Personalmente penso di aver imparato tanto non solo a scuola ma anche sui campi, negli allenamenti, nelle partite così come ho accresciuto la consapevolezza dell’importanza delle relazioni umane - con i professori e con i compagni - anche all’interno delle mura scolastiche, durante le lezioni. La formazione e la capacità di costruire solide relazioni sociali e rapporti comunitari sarà sempre più centrale per affrontare un futuro che è stato - e sarà - caratterizzato da cambiamenti epocali e, in questo quadro, dobbiamo immaginare una crescente integrazione tra questi due mondi. Per questo dobbiamo pensare a spazi in cui la formazione continua oltre gli orari della scuola ed in cui l’attività scolastica diventi dinamica, a contatto con la natura ed inserita in una dimensione complessiva di “benessere” dei ragazzi. Il Comune di Cesena ha provato a lavorare in tal senso con due progetti che, secondo me, sono molto collegati tra loro: Cesena Greencity e Sport City».

Castorri alza lo sguardo partendo dalle iniziative avviate un anno fa: «Nel marzo 2020, nel pieno dell’emergenza sanitaria, abbiamo lanciato il progetto “Green City Cesena”, con il fine di consentire la co-gestione di aree verdi, parchi e giardini pubblici, incrementando la qualità della vita e la bellezza della città, incoraggiando i cittadini all’impiego degli spazi verdi per attività sportive e culturali diffuse. E’ stato un grande esperimento per stimolare la «resilienza» del sistema sportivo territoriale, ed una sfida vinta con oltre 20 attività al giorno in 23 aree verdi della città: sport ed istruzione si sono così incrociate ed aperte alla reciproca contaminazione. Grazie alla leva degli investimenti del Comune di Cesena, delle banche del territorio, del Credito Sportivo e degli altri attori istituzionali, intendiamo avviare con Cesena Sport City un processo di rigenerazione degli impianti sportivi del territorio che inneschi un nuovo modello di sostenibilità economica dell’impiantistica sportiva e, al tempo stesso, una nuova dimensione aggregativa e sociale degli spazi dello sport. Qui, nei nuovi centri sportivi rigenerati, dovremo cogliere la sfida di immaginare attività di formazione che affianchino ed aiutino i nostri ragazzi ad affrontare un futuro ricco di inedite sfide. Ritengo sia questo uno dei presupposti necessari affinché scuola e sport non si sentano più ospiti uno a casa dell’altro, ma comincino davvero a camminare insieme».


Mentalità americana


Roberto Fagnani (assessore allo sport di Ravenna) ha vissuto i suoi primi anni di vita negli Stati Uniti a Philadelphia e conosce bene il divario che ci separa a livello di cultura dallo sport giovanile degli Usa: «Questa crisi deve rappresentare per forza anche una occasione per analizzare le cose che non vanno. A parte le categorie d’elite che partecipano a campionati di interesse nazionale, la grande maggioranza dei nostri ragazzi sta perdendo la seconda stagione sportiva di fila: una situazione triste che ci invita a non rimandare più il momento di una vera riforma dello sport».


Il primo passo da compiere? Per Fagnani è chiaro: «Unire il rapporto tra la scuola e l’attività sportiva. In Italia le ore di educazione fisica restano troppo poche e siamo ancora figli di una mentalità che crea più di una difficoltà ai giovani atleti nelle loro giornate a scuola. Rendiamoci conto che un Paese che investe sullo sport, investe sul benessere fisico dei suoi giovani e dei suoi cittadini, in un’epoca in cui ormai i medici non consigliano, ma prescrivono l’attività sportiva. Investire sullo sport è investire sulla sanità ed è tempo di prenderne definitivamente atto. Fare sport in più aiuta a riscoprire parole sempre meno usate come “responsabilità” e “doveri”».
Quando il Covid allenterà la sua morsa, come risponderà Ravenna alle inevitabili richieste di aiuto delle società sportive? «Noi siamo pronti a sostenere le società per quanto possibile, fermo restando che eventuali aiuti non sono nulla se finalmente non si riapre. È evidente che servirà un aiuto da parte delle istituzioni, ma ribadisco che auspico innanzi tutto una vera riforma dello sport a livello nazionale».


Lo sguardo da insegnante


Paola Casara (assessora alle Politiche Giovanili del Comune di Forlì) è un’insegnante e non perde lo sguardo verso l’anello debole del biennio 2020-21: «I nostri ragazzi sono oggi le principali vittime di una pandemia che ormai da un anno ci colpisce. Forse è questo il momento opportuno per ripensare al rapporto tra scuola e sport, due mondi apparentemente lontani ma in realtà vicini, che tanto ci sono mancati in questo periodo. Sapere che oggi c’è chi si preoccupa e dedica attenzione a una questione così complessa, è sicuramente un indicatore di buon auspicio. Personalmente credo che per ripartire bisogna avere ben chiara l’idea che lo sport ha un potenziale educativo e valoriale immenso. Penso a doti che si possono sviluppare attraverso la pratica sportiva, come la socialità, la disciplina, l'integrazione, la partecipazione attiva, l’amicizia, la lealtà, la costanza, l'autocontrollo, la perseveranza, l'accettazione non passiva del fallimento. È fondamentale riuscire a capire che quando parliamo di sport parliamo di valori educativi, rispetto di cose, persone, regole (quindi educazione civica), oltre a benessere e alla salute».

C’è però un rapporto tra sport e scuola tutto da rifondare: «Troppo spesso (soprattutto all’interno della scuola) lo sport viene inteso come un’attività ricreativa e non formativa, come tempo sottratto allo studio e così facendo si alimenta l’antagonismo tra due sfere così importanti della nostra società. Da insegnante e da persona che ha passato gran parte della sua vita tra i ragazzi, noto però che negli ultimi anni l'educazione motoria viene percepita con maggiore importanza, Soprattutto perché si è via via capito che un insegnante di educazione motoria può cogliere e comprendere alcuni aspetti e alcune caratteristiche di un ragazzo in maniera più rapida rispetto a quella di un collega in un’aula didattica o in una lezione frontale. Questo è quindi un buon segnale, il primo passo confortante che deve portare scuola e sport ad un rapporto proficuo e collaborativo, tenendo a mente che l’obiettivo comune dev’essere formare persone con una migliore cultura sportiva, fondata su apprendimento ed esperienze, persone che darebbero vita a istituzioni migliori, migliori famiglie, migliori società. Quale miglior momento quindi per poter riflettere e ripensare ad un nuovo inizio».

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