"Sceicco bianco": ritrovato a Ferrara il soggetto originale

Vite parallele, che a tratti si incontrano. Si “scontrano”. Federico Fellini e Michelangelo Antonioni. Basterebbe ricordare il Festival di Cannes del 1960: La dolce vita e L’avventura in concorso. Al primo va la Palma d’oro, al secondo il Premio speciale della giuria. Entrambe le pellicole nell’Italia del boom economico scatenano il putiferio per contenuti “hard” che oggi non smuovono più nessuno. Oppure basterebbe ricordare la rispettiva collaborazione, e amicizia, con il romagnolo Tonino Guerra.

Come due ruscelli o torrenti, i cui corsi si lambiscono, si uniscono, si divaricano, diventano entrambi fiumi, mari e oceani. Oceano Fellini, Oceano Antonioni. L’uno emiliano, l’altro romagnolo: a unirli con un trattino forse ne fuoriesce anche la quintessenza di una regione-mondo. Abitare nella regione Antonioni-Fellini. Meraviglia.

L’incontro

Quelle di Fellini e Antonioni sono vite che si incontrano per la prima volta in una fase in cui per entrambi prende davvero avvio la carriera di regista. Il soggetto de Lo sceicco bianco era stato scritto dal ferrarese – che rinuncerà a girare il film e arriverà invece al suo primo lungometraggio Cronaca di un amore – dopo aver girato il cortometraggio L’amorosa menzogna, inchiesta sul mondo dei fotoromanzi.

Tra i numerosi contributi al convegno riminese di oggi, quello che sarà portato da Andrea Minuz e Francesca Cantore, docenti della Sapienza di Roma, si concentrerà proprio intorno al soggetto di Antonioni. “Lo sceicco bianco: materiali d’archivio per un’analisi della sceneggiatura” il titolo dell’intervento. Le ricerche effettuate dai due studiosi hanno portato a una importante scoperta: dato per perduto, il soggetto originario de Lo sceicco bianco è finalmente venuto alla luce. Si trovava nel Fondo Michelangelo Antonioni acquisito dal Comune di Ferrara.

Andrea Minuz, cosa avete scoperto con la vostra ricerca?

«A Ferrara abbiamo trovato il quaderno con il soggetto, in realtà un trattamento, nel quale ci sono anche disegni con le prime figurazioni di quello che potrebbe essere Lo sceicco bianco. È quasi uno story board. Il soggetto si intitolava Caro Ivan ed era molto serio, pieno di disgrazie, mi viene da dire “all’Antonioni”. Non ha nulla di umoristico, di quelle tracce che troviamo invece in Fellini».

Perché un soggetto con al centro il mondo dei fotoromanzi?

«Antonioni sta cercando idee per il suo primo lungometraggio e si appassiona a quel mondo. All’epoca i fotoromanzi sono il fenomeno pop degli anni Cinquanta. Antonioni parte da una lettera che una donna invia a tale Ivan e che il regista legge sul settimanale Sogno. Cerca anche di rintracciare la donna perché pensa di trovare spunti per un film. Il soggetto ha la struttura di un melodramma con uno o due suicidi».

E quando arriva nelle mani di Fellini e Pinelli cosa succede?

«Fellini e Pinelli lo trasformano, gli danno un taglio umoristico, grottesco, pieno di gag, Fellini ci mette dentro parecchia roba del Marc’Aurelio. Fellini e Pinelli introducono il tema del viaggio di nozze che forse Fellini prende da qualche radiodramma che scrive negli anni Quaranta per l’Eiar, in particolare uno che si intitola Viaggio di nozze».

Quale fu il ruolo di Flaiano?

«Il ruolo accertato di Flaiano è di avere proposto l’idea all’inizio impensabile di fare entrare Giulietta Masina nel ruolo della prostituta Cabiria».

Che film in definitiva è “Lo sceicco bianco”?

«In realtà non è un film sul mondo dei fotoromanzi. Ma è un film sul matrimonio e sulla potenza dell’illusione. Oggi si potrebbe tranquillamente fare un film come Lo sceicco bianco mettendo Milano al posto di Roma e il mondo dei social, degli influencer al posto dello sceicco di Alberto Sordi. Un altro aspetto importante è il ritmo narrativo. Sembra un film scritto all’americana, una commedia sofisticata con Katharine Hepburn, Cary Grant… Il tono del film secondo me deriva da una sintesi formidabile tra il cinema americano degli anni 30-40 con lo stile del Marc’Aurelio, a cui si aggiunge ogni tanto quella cifra malinconica con la musica di Rota. Aspetti che ne fanno un laboratorio del cinema a venire di Fellini».

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