Un finto morto di 170 anni fa. Emanuele De Carli ha scovato un documento inedito che riscrive la storia rocambolesca di Crispiniano Nanni. Non più morto in carcere, ma riportato a casa con uno stratagemma, grazie alla compiacenza di parroco, vescovi e carcerieri.
La vicenda
Da documenti conservati negli archivi parrocchiali risulta che il 6 marzo 1852 morì ad Ancona il savignanese Crispiniano Nanni. Il giovane, che aveva una moglie ed era padre dell’unica e piccola Rosa, secondo un documento dell’infermeria di Ancona, era nato a Savignano 26 anni prima, figlio di Giuseppe Nanni e Caterina Vaienti. Era un calzolaio e abitava nell’attuale corso Vendemini. «La scarsa richiesta di lavoro, la fame e forse i vizi del gioco e dell’alcol - riferisce De Carli - portò Nanni a commettere una rapina in paese: il 23 aprile 1850 a volto scoperto e armato di coltello ferì un concittadino». Il giovane non sarebbe stato nemmeno in buoni rapporti col sindaco di Savignano, e per quell’episodio fu condannato ad un anno di carcere e tre anni di lavori forzati ad Ancona. Dopo aver scontato l’anno di detenzione e qualche mese di lavori forzati, contrasse una grave polmonite e risulta che morì. Tra gli effetti personali consegnati alla famiglia di Savignano è descritto un umile lascito: un cuscino contenente dieci libbre di canapa e un lenzuolo in pessimo stato».
La prima morte ad Ancona
Il parroco di Castelvecchio, don Pazzaglia, registrò anche in parrocchia la sua morte, in data 23 marzo 1852. Ma c’è un mistero, che «Nasce dalla lettura di un altro volume secretato, conservato nella parrocchia savignanese di Santa Lucia - prosegue De Carli - Don Agostino Ceccarelli, 8 anni dopo quel presunto decesso, annotò tra le anime che facevano parte della parrocchia anche lo stesso Crispiniano Nanni, calzolaio, padre della già citata Rosa e di altri tre figli: Luigi, Antonio e Giuseppe, tutti nati dopo la data della morte registrata a Castelvecchio».
Messinscena per tornare a casa
Il secondo documento scovato da De Carli ne riscrive la storia, visto che tra il primo documento di morte e quello di sussistenza in vita trascorsero 8 anni e tre figli. Così De Carli ipotizza che la morte ad Ancona sia stato un escamotage: «Tutto fa pensare ad un forte aiuto della chiesa savignanese per far rientrare a casa il parrocchiano dalla sua famiglia, inscenandone la morte, con la complicità del cappellano, del capo custode, di un medico, dell’ispettore comandante e del capo infermiere del nosocomio anconetano». Poi aggiunge: «Don Pasquale Pazzaglia era nemico giurato del sindaco Battista Montesi e dei suoi uomini che fecero arrestare Crispiniano. Così, per riportare il giovane padre dalla sua famiglia, ricorse all’aiuto del vescovo di Rimini, monsignor Salvatore Leziroli, a sua volta amico di monsignor Benedetto Antonucci, vescovo di Ancona e vicino al Papa marchigiano Mastai-Ferretti Pio IX, tanto che sei anni dopo venne nominato cardinale». Quanto alla morte effettiva di Crispiniano Nanni, De Carli conclude: «Non l’ho potuta trovare, visto che mancano dei volumi andati persi durante la guerra. Ma sul fatto che si tratti della stessa persona non ho dubbi».