Savignano, studenti a lezione dal poliziotto anti-mafia

«Una lezione di vita speciale». Così la preside Catia Valzania ha definito l’incontro con Pippo Giordano, uno che è stato in prima linea contro la “piovra” al fianco di Falcone e Borsellino. Ieri mattina, nella sala civica di Palazzo Martuzzi, gli studenti dell’istituto comprensivo “Giulio Cesare” hanno avuto l’opportunità di riflettere su “Cultura della legalità e lotta alla mafia”, nell’ambito di un più ampio percorso di educazione civica. La partecipazione all’appuntamento è stata articolata, per rappresentare il connubio tra tutte le istituzioni fondanti la legalità: scuola, enti locali, forze dell’ordine. Protagonista indiscusso è stato però quello che il sindaco Filippo Giovannini ha definito «un testimone di consapevolezza e coscienza»: Pippo Giordano, palermitano già ispettore della della Dia (Direzione investigativa antimafia, a fianco dei giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Ninni Cassarà e Beppe Montana, tutti uccisi dai mafiosi. Oggi in pensione, l’ex ispettore della polizia da 13 anni mette a disposizione la propria esperienza, parlando soprattutto ai più giovani, per cercare di ricostruire uno Stato fondato sulla legalità. E per fare comprendere - ha sottolineato in apertura - che non esistono scorciatoie per raggiungere i propri sogni.

I messaggi alti di Pippo Giordano

«La mia generazione - ha detto ricordando la sua giovinezza palermitana, vicino anche a compagni diventati poi mafiosi - non si poteva chiedere nulla. Ecco perché parlo con voi: perché voglio che cresciate in modo diverso da quella che è stata la mia vita da ragazzo. Ho visto tanti cadaveri, da quello di Dalla Chiesa a quelli di colleghi come La Torre, e anche di mafiosi. Forse eravamo dei sognatori, ma lo Stato non c’era: eravamo soli, soli, soli. Agivamo non come eroi o incoscienti, ma svolgendo il nostro lavoro, il nostro servizio, con rispetto, onestà, senso del dovere». Poi ha aggiunto: «Se tra voi ci sono dei bulli, parlatene ai vostro insegnanti, perché chi fa il bullo in quel momento è come un piccolo mafioso». Il ricordo è quindi andato alle vittime della mafia. «Con Paolo Borsellino ho parlato fino agli ultimi giorni della sua vita - ha detto Giordano - Ricordando la sua umanità, la sua professionalità, sono amareggiato oggi leggendo di magistrati che non si comportano facendo il loro dovere. Incontrare le scuole è per me ogni volta come mettere un mattoncino per costruire la casa della legalità».

Le domande degli studenti

Tante le domande poste dai ragazzi savignanesi. A chi gli ha chiesto se ci sarà mai una fine della mafia, l’ex ispettore della Dia ha risposto: «Se lo chiese anche Falcone. Me lo auguro, ma credo che l’unica circostanza che possa farla cessare è che la politica tagli il cordone ombelicale che la lega all’organizzazione mafiosa». Ma perché si diventa mafiosi?, è stato chiesto. «Per i soldi e per il potere. Per questo la mafia è così radicata nel suo territorio. E una volta entrati non si esce da essa, se non per la morte o con il pentimento». È il dominio assoluto della paura quello che impedisce di arrivare alla verità: «Voi, per fortuna, in Romagna non vivete questa paura - ha osservato Giordano - Ricordo quando avvenne a Forlì l’assassinio di Roberto Ruffilli. Io ero a capo della Digos forlivese e la mattina seguente c’era “la coda” di testimoni che venivano a raccontare quello che avevano visto». Quando gli studenti hanno chiesto cosa possono fare i giovani contro la mafia, ha preso la parola la dirigente scolastica: «Siete voi la differenza e siete voi che dovete decidere di farla e costruire la società - ha affermato Valzania - La lotta alla mafia, come disse Paolo Borsellino, “dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà”».

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