Savignano, primi profughi ucraini: "Nel bunker preparato nel 1948"

La famiglia ucraina in fuga dalla guerra ha trascorso ieri la sua prima intera giornata nell’alloggio dove è stata accolta, nel centro di Savignano. Si tratta di quattro donne, una delle quali incinta, che sono fuggite dal Paese sotto attacco e un uomo giunto dalla Polonia. Hanno potuto riabbracciare Elena, parente 43enne sposata a Rino e residente a San Mauro Pascoli dal 2004, inizialmente come badante, mentre oggi fa a tempo pieno la mamma dei suoi due bambini di 5 anni, che frequentano la scuola dell’infanzia “L’Usignolo”. Quando la situazione in Ucraina è precipitata, ha lanciato un appello agli amici e al Comune, ricevendone un pieno appoggio, che ha permesso il ricongiungimento familiare, il primo avvenuto nel Cesenate.

Due notti fa le quattro donne sono arrivate dall’Ucraina e ieri sera le ha raggiunte il marito della giovane incinta, anche lui ucraino, che era in Polonia per lavoro. Provengono da Krivoj Rog, nell’Ucraina meridionale, la città più lunga d’Europa. Sono Tetyana Drozdova, la mamma 70enne dell’ucraina sammaurese che le ha riabbracciate, sua sorella 48enne Irina Mhmdenko, la nipote 28enne Alina Shrershen, che ha con sé la sua bimba di 4 anni, Arina Schershen e porta in grembo un’altra creatura, e suo marito 30enne Kirill Shershen. Dopo un viaggio da incubo, hanno trovato ad accoglierle un gruppo di cui faceva parte l’amica Francesca, “tessitrice” dei vari rapporti con il Comune di San Mauro Pascoli, che ha promesso di farsi carico delle spese di affitto e delle bollette. «Ancora non riesco a crederci, abbracciare i miei cari in Romagna è un sogno - dice Elena, ancora commossa - Con alcuni non mi vedevo da 4 anni. Ringrazio di cuore tutti coloro che ci hanno aiutato e la sindaca Garbuglia, che è già venuta a trovarci».

La 70enne è provata, mentre la piccola Arina è vispa: «Per lei il viaggio, pur lungo, è stato quasi come andare in vacanza - spiega Elena - I bambini hanno una grande forza e tanto entusiasmo. È invece molto provata mia madre, sia psicologicamente per gli altri parenti e amici rimasti in patria, sia perché ha dovuto abbandonare tutte le cose di una vita. Pensare che nel 1948, con sacrifici, lei e mio padre avevano costruito la casa e nelle cantine interrate avevano approntato un bunker in caso di guerra, visto che ne era appena finita una e temevano che potesse servire. Ma mai avrebbero pensato di dover utilizzare quel bunker 74 anni dopo, come hanno dovuto fare nei giorni scorsi, quando suonavano le sirene d’allarme. Mio nonno è russo e anche mia madre è nata in Russia e nessuno ha mai odiato le persone di diversa nazionalità».

I profughi parlano di «un viaggio pesante e con molti pericoli e posti di blocco», ma aggiungono di avere «incontrato tanta solidarietà e gente che ci ha rifocillato. Ucraini e russi convivevano in pace e solo la follia di Putin li ha messi gli uni contro gli altri. Alcuni sono stati fucilati addirittura per strada, in un inferno senza fine. Il presidente ucraino è nato nella nostra città, dove vivono i suoi genitori, conducendo una vita modesta. Il Covid da noi sta facendo ancora vittime e con le persone ammassate nei rifugi riprende vigore. Tutti piangono e la vita è diventata impossibile, senza libertà, cibo e medicine, con malati che muoiono perché gli ospedali prima devono curare i soldati feriti e non ci sono più farmaci».

Intanto, ieri pomeriggio, a San Mauro Mare si è perfezionato un altro ricongiungimento familiare tra ucraini, come anticipato ieri dal “Corriere”.


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