Savignano, la fotografa Ilaria Sagarìa al "Si fest"

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Una mostra che nasce, dice l’autrice Ilaria Sagarìa, dalla volontà di ricreare un viaggio a ritroso all’interno dell’immaginario femminile: “Piena di grazia”, serie dedicata al corpo femminile, sospeso fra tormento ed estasi, che il pubblico può ammirare esposta fino al 2 ottobre per il 31. Si fest alla sede espositiva del Consorzio di bonifica (v. Garibaldi 45). Con questo lavoro. La fotografa campana, che ha esposto le sue opere in gallerie d’arte e musei italiani, lavorando tra Napoli e Monaco di Baviera , ha vinto l’edizione 2021 del concorso Portfolio Italia – Gran Premio Fujifilm.

Sagaria, cos’è “Piena di grazia”?

«È Un viaggio fatto di luci e ombre, sensazioni, sussurri, seduzione e paure. Non c’è una protagonista intorno alla quale si sviluppano delle vicende, la protagonista può essere una come tutte. Il titolo ovviamente è un chiaro riferimento a Maria, ma il lavoro vuole parlarci di quello che ha accomunato e che accomuna la storia di tutte le donne. Essere donna significa essere tante cose e io ho voluto indagare questa femminilità da un punto di vista più terreno, carnale, scendendo fino negli inferi di questa femminilità».

Inferi come quelli della violenza di genere, e per ricordare quanto essa sia un dramma senza tempo, Ilaria Sagara ha recentemente esposto con il titolo “il dolore non è un privilegio” la serie di donne sfigurate con l’acido, dal volto invisibile, bendato, nella mostra “Lo sfregio” alla Galleria degli Uffizi di Firenze accanto allo straordinario busto di Costanza Piccolomini Bonarelli, prestato per l’occasione dal Museo del Bargello, scolpito nel marmo da Gian Lorenzo Bernini per omaggiare l’amata, deturpata al volto da un amante geloso.

«Per me la fotografia – aggiunge – non ha soltanto finalità artistiche ma mi offre la possibilità di parlare e far riflettere su tematiche molto delicate, come ad esempio la violenza di genere. Sento questa cosa come un dono e una missione allo tempo. Non sono una fotoreporter, racconto per simbologie, associazioni… più che testimonianze dirette mi piace pensare di coinvolgere le persone in un viaggio immersivo e introspettivo nelle emozioni umane».

Perchè ha voluto concentrarsi sull’aspetto psicologico e sul concetto di identità di vite di donne deturpate nel volto e nell’animo?

«Il titolo “ll dolore non è un privilegio” allude al fatto che la violenza uccide anche quando non ti uccide fisicamente. Le vittime di violenza non sono solo quelle i cui nomi compaiono nella lista dei femminicidi che si fanno ogni anno in occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Chi subisce violenza, pur rimanendo in vita, non è una privilegiata. Ci sono inferni peggiori, forse, della morte ed è proprio di questo calvario che ho voluto parlare attraverso i miei scatti: quel dolore che va aldilà della fisicità ma che si annida a livello psicologico, ti isola e ti corrode da dentro».

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