Savignano, Fiammetta Borsellino: "Giù le mani dalle intercettazioni" - Gallery

«Giù le mani dalle intercettazioni telefoniche». Uno strapieno cinema teatro Moderno ha visto le testimonianze molto attese di Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso dalla mafia, e dell'ispettore Dia Pippo Giordano.

Oltre all'incontro con le scuole di Savignano (mercoledì mattina) e di Gatteo (ieri mattina) c'è stato un momento corale con la cittadinanza. Ben 600 persone in presenza e 100 online hanno seguito in diretta la figlia del magistrato Paolo Borsellino nell'incontro “Lotta alle mafie e cultura alla legalità delle nuove generazioni”.

Fiammetta Borsellino ha iniziato ricordando che «da tempo è impegnata a testimoniare nelle scuole ai giovani il valore della legalità, per portare loro l’esempio di suo padre, convinta che la cultura sia il mezzo per sconfiggere le mafie. Erano anni in cui Palermo era come Beirut. Ma mio padre interrogava i mafiosi con grande umanità, conoscendo bene il loro mondo, dove lui stesso era vissuto. Un approccio empatico, non visto di buon occhio da tutti. I processi, dopo la strage, sono stati 4 e l'ultimo giudice al “Borsellino quater” ha ammesso che negli anni era stato attuato il più grande depistaggio, con errori giudiziari, della storia della Repubblica, con anche persone ingiustamente accusate. Dopo quella sentenza e i 25 anni dalla strage di via D'Amelio, quando mio padre fu lasciato solo, noi familiari abbiamo deciso di rompere il silenzio e raccontare cosa era avvenuto».

Presente anche l’ispettore della Direzione investigativa antimafia (Dia) Pippo Giordano, che ha vissuto in prima persona la lotta alla mafia nei momenti più duri e sanguinosi, con incarichi a fianco dei giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Ninni Cassarà e Beppe Montana, tutti vittime della mafia. «Sono di Palermo - ha raccontato - negli anni '80 c'è stato il periodo più brutto della città. Se lo Stato ci avesse dato mezzi e uomini, come può fare oggi, la mafia non avrebbe fatto quello che ha fatto. Ora sono 15 anni che vado nelle scuole d'Italia a far conoscere la violenza mafiosa. I ragazzi hanno bisogno di testimonianze. Ho 5 nipotini da 15 a 9 anni e quando vado nelle scuole primarie faccio un po’ il nonno. Nelle scuole superiore invece cerco di essere lo zio. Una volta mi hanno offerto 300 euro per tenere una lezione: ho rifiutato il compenso e sono andato lo stesso».

Un insegnante ha chiesto subito il valore delle intercettazioni oggi: «Senza le intercettazioni - è stata la risposta dei relatori - non avremmo scoperto i primi attentatori della strage di Capaci. Le intercettazioni purtroppo oggi danno molto fastidio. Non ne hanno paura gli operai che vivono del loro lavoro, ma fanno paura alla casta. Non è più tempo di pedinamenti come un tempo. Si ottengono risultati con le microspie e le intercettazioni». Altra domanda sulle mafie passate oggi all'edilizia e ai rifiuti: «Si tratta sempre di affari illeciti e le mafie preferiscono investire in settori strategici. I mafiosi oggi mandano i loro figli a studiare in Svizzera per conoscere l'alta economia. Non ci sono più sparatorie ma le mafie sono altrettanto feroci». Alcune domande sono state poste anche da studenti. Una in particolare, figlia di un carabiniere, ha detto di essere fiera del padre e ha chiesto a Fiammetta Borsellino se lo è altrettanto del padre, ricevendone ovviamente piena conferma. Sul quesito sulla ramificazione della mafia al nord hanno ammesso che «l'attività criminale va fermata, lo stesso Messina Denaro aveva interessi anche al nord, e con le connivenze si nascondeva nella sua terra».

Dopo una serata di intense emozioni, il sindaco e il vice di Savignano hanno invitato sul palco Davide Caprili, scultore del ferro battuto, che ha donato a Borsellino una sua opera dal titolo “Il dono dell'anima” che rappresenta una figura maschile sofferente ma che resiste.

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