Sartoria Crescentini, a Pennabilli le mani che vestono Hollywood

Rimini

Dal piccolo laboratorio di un piccolo centro della Valmarecchia al grande schermo, i grandi palcoscenici, i red carpet dei principali festival del cinema mondiali e le passerelle dell’alta moda internazionale: giocando un po’ con i clienti degli abiti preparati all’ombra dei monti di Penna e Billi si può davvero dire che quella della Sartoria Crescentini è una storia… da film. Anzi, da Oscar, visto che più di uno è stato protagonista alla celebre notte della consegna della statuetta più ambita del mondo della celluloide.
Le creazioni dell’attività di Ponte Messa vengono infatti indossate anno dopo anno dalle star del cinema e della canzone o da personaggi politici di fama mondiale e a Pennabilli “ci tornano” rimbalzando in tv, sugli schermi del Gambrinus o sulle copertine delle riviste patinate.


Gianluca Angelini, come nascono la Sartoria Crescentini e questa bellissima storia di famiglia?
«Inizia tutto grazie a mia madre Maria Pia. La sua grande passione era iniziata nel primo dopoguerra all’età di 14/15 anni; percorrendo a piedi i molti chilometri che la tenevano lontano dall’unica sarta disposta a farle scuola. Dopo qualche anno riuscì a frequentare uno dei pochi corsi di modellistica in piazza Cavour a Rimini e questo la portò poi a lavorare nelle prestigiose boutique di Milano Marittima, dove si confezionavano gli abiti su misura per le esigentissime clienti milanesi e bolognesi in vacanza nella rinomata località. D’inverno, in casa, preparava gli abiti che i negozi avrebbero poi proposto alle proprie clienti quando raggiungevano la località balneare. Dai negozi agli stilisti, il salto è stato breve e, con grande coraggio, nel 1969, proprio accanto ai locali della falegnameria del babbo Gianni a Molino di Bascio, aprì il suo primo laboratorio di terzista sartoriale al servizio degli stilisti emergenti. Ha subito iniziato con Gianfranco Ferrè, poi è stata la volta di Alberta Ferretti, infine, con l’ingresso dei figli, nel 1996 abbiamo deciso di trasferirci qui a Ponte Messa. Nel tempo, abbiamo prodotto i capi d’alta couture un po’ per tutti: Armani, Burberry, Chanel, Calvin Klein, Donna Karan, Dolce&Gabbana, Emilio Pucci, Faconnable, Givenchy, La Perla, J.P. Gaultier, Moschino, Olivier Theyskens, Petar Petrov, Prada, Ralph Lauren, Roberto Cavalli, Tom Ford, Ungaro, Versace, Vionnet .etc.. Oggi, Lo stilista di turno ci invia il disegno di nuovi capi e noi li realizziamo e prepariamo per l’invio in negozio. Per qualcuno più strutturato facciamo solo la parte della produzione».


Come siete arrivati a crearvi una rete di tale prestigio?
«In gran parte con il passaparola: nell’alta moda ci si conosce in tanti, abbiamo lavorato per tante aziende ed evidentemente tutte hanno speso ottime referenze».
Chi ha raccolto il testimone da mamma Maria Pia e porta avanti oggi la sartoria?
«A condurre tutto è la seconda generazione di famiglia. Tre fratelli, io, Lorenzo e Stefano Angelini. Tutti nati qui e residenti nel territorio. Il quarto fratello Edgardo ha un bellissimo studio di design a Milano con una settantina di dipendenti: diciamo che ci diamo da fare tutti nel mondo della creazione e che siamo maschi che fanno abbigliamento per donne. La mamma voleva una figlia femmina per portare avanti la tradizione, ci abbiamo pensato noi! Nostra madre ogni tanto viene a trovarci in laboratorio quando finisce il corso di ginnastica, ma ora con i suoi 88 anni si gode un po’ di riposo lavorativo, anche se ogni tanto per le sue amiche qualcosa arrangia… Siamo noi tre a occuparci di tutti i processi come un po’ in tutte le aziende artigiane: c’è chi segue più il taglio, chi più la produzione, chi il commerciale e i rapporti con stilisti e modellisti. In questo momento stiamo tagliando ad esempio dei capi di Chanel».


Tre uomini in un universo in rosa insomma. Ci sono ancora giovani che vogliono imparare il mestiere?
«Le ragazze che iniziano questo percorso lavorativo non mancano; è un lavoro che richiede tanti sacrifici ma rilascia comunque tante soddisfazioni. Di ragazzi invece se ne trovano sempre meno. Basti pensare che abbiamo 15 dipendenti (cui ogni tanto si aggiunge qualche stagista dalle scuole) e non è un caso siano tutte donne. Le ultime tre-quattro assunzioni sono state figlie di questo percorso stage-apprendista-dipendente, anche perché in questo settore un anno di lavoro non è sufficiente per imparare tutto: un capo lo si fa infatti sempre una sola volta, al massimo si realizzano piccole serie, poi si cambia completamente modello».
Il vostro mercato di riferimento?
«Quasi il 50% del nostro lavoro è per l’estero, per stilisti d’Oltralpe. Ad esempio l’abito realizzato per lo stilista emergente Oliver Theyskens è stato indossato recentemente da Nicole Kidman al Taormina Film Fest. Una nostra camicia è stata invece scelta di recente da Julia Roberts. Ma in passato ne abbiamo visti “portare” a Rania di Giordania, Michelle Obama, Rihanna, Beyoncè, Lady Gaga…».


E nonostante la crisi il settore regge?
«Certo che regge. Il vero problema è secondo noi la tutela del Made in Italy che andrebbe valorizzato veramente in ogni ambito: tanti grandi produttori invece producono all’estero limitandosi ad apporre poi in Italia la loro etichetta solo con una piccola lavorazione. E’ una guerra continua, per fortuna noi siamo riusciti a mantenere i rapporti con grandi aziende serie e a farci riconoscere il giusto per arrivare a garantire ai nostri collaboratori quanto meritano: la mano d’opera d’altronde incide tantissimo nel costo del lavoro, nel nostro caso quasi l’80% e per avere una sarta ben formata ci vogliono 10 anni…».

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