Tutto il sapore della biodiversità nei frutti di Domenico Ghetti

Archivio

BRISIGHELLA. C’è dietro un’idea che più che col passato ha a che fare col futuro nel progetto che instancabilmente Domenico Ghetti porta avanti da quarant’anni: scovare, innestare e far fruttificare le piante da frutto di un tempo. Quelli che in parte ricordava lui stesso, quelli che soprattutto ha scoperto a sua volta strada facendo, setacciando campi e colline da Ridracoli a Imola per tutta la sua vita. Nessuna velleità “letteraria”, nessuna scelta di business, nessun intento promozionale o di marketing, e di frutti dimenticati certo quando ha iniziato a pensarci lui non se ne parlava e non ne parla lui tutt'ora. Perché grazie anche a lui quei frutti dimenticati non sono affatto. C’è sempre una fiammella di innovazione e un’idea di futuro in chi un giorno si alza e dice fra sé e sé: «Io quel sapore, quel profumo, quel colore non lo voglio dimenticare». È da quel pensiero che nasce un nuovo presente e dalle piante salvate dall’oggi ultrasettantenne Domenico, che continua a coltivarle nelle sue terre a Ceparano, tra Faenza e Brisighella, sono nate anche molte varietà nuove.

Piante resistenti. Perché così come ancora oggi le guardie forestali lo avvisano quando trovano una pianta di cui non conoscevano il frutto, così i vivaisti e gli sviluppatori di nuove specie passano da lui per raccogliere germoplasma e marze da innesto e sviluppare varietà più resistenti. «Alcune delle mie piante hanno più di quarant’anni e stanno che è una meraviglia e non vogliono trattamenti di nessun tipo, segno che sono forti in natura» dice orgoglioso camminando fra le piantate del suo frutteto “misto”. Piante resistenti, come resistente all’appiattimento e alla perdita di biodiversità continua ad essere il suo pensiero di contadino vero.

I nomi della biodiversità. Un campo di tre ettari molto “misto” perché fra pere, mele e altri frutti le varietà arrivano a trecento, forse anche qualcosa di più, «ma a dire la verità ho smesso di contarle», dice. Però lui le conosce tutte a menadito e adesso che è stagione di raccolta di mele e delle ultime varietà di pere, Domenico ne snocciola i nomi e sembra una filastrocca per divertire i bambini. Eccole le mele di Domenico: limonella, panaia, rugginosa, ghiacciata o candita, abbondanza, piatlaza, durella, della rosa, imperatore, musona, rambur, musabò...«Perché vedi questa se la metti di profilo sembra il muso di un bue», ti fa vedere e questa, al contrario delle altre non te la fa assaggiare perché per maturare le serve ancora un po’. Nei cassoni sono finite invece quasi tutte le altre e spandono una varietà di profumi che è varia e sorprendente come il colore delle loro bucce, tutte diverse fra loro. La raccolta è iniziata da diverse settimane e alcune altre settimane continuerà. Per le pere invece si è verso la fine, manca ormai solo la coriacea volpina, ma anche per queste «che fioriscono prima delle mele» la stagione è lunga e la lista “anagrafica” altrettanto divertente. La prima che arriva ad agosto è la spadona, poi c’è ora la rara pera mora di Faenza, la scipiona, che Domenico conserva ancora in conservata a trecce lunghe («la ciòpa» come dice lui) da appendere in solaio come l’uva. Poi c’è la volpina l’ubriaca rossa dentro, ovvero la la cocomerina come viene chiamata poco più in là in Romagna in quel di Verghereto. E ancora: broccolina, buona sia cruda che cotta, la favorita, buonissima e dolce e perciò contesa, da cui il suo nome. La rugginosa, la butirra Gifar, e poi c’è anche quella che lui chiama “pera senza nome” che assomiglia alla pera mora ma Domenico garantisce che non lo è, e non c’è motivo di non credergli, in fondo forse oggi ce l’ha proprio solo lui.

Frutta per ogni stagione. Certo di queste stagione c’è anche altro, melagrane ad esempio, e giuggiole saporite trasferite nei campi di Ceparano dall’eremo di Camaldoli decenni or sono. Poi sorbe, nespole, azzeruole, cachi... E l’uva, una settantina di varietà che Domenico ha raccolto insieme al centro di Tebano. La lista sarebbe infinita, cita quelle che più gli hanno evidentemente dato soddisfazione nella scoperta: «L’uva morta, che è a bacca bianca, ma di fatto è grigia, spenta, come la morte, anche se si usava per fare il vino. La trovai alla chiesa di San Biagio a Faenza», ricorda Domenico. Di uve fragole fragranti ha sia quella nera che quella bianca, e non è cosa da poco e la rara uva “Bertnora”, o Bertinora, che però non è albana. «Ci assomiglia, ma è diversa e non ce l’ha più nessuno, si legano i grappoli e si appendono in solaio e dura tutto l’inverno. Bisogna stare un po’ attenti a tenere puliti i grappoli quando qualche acino marcisce, ma visto che piace molto anche alle vespe, sono loro a staccare i chicchi marci, e io non faccio nemmeno fatica: manodopera gratis!», se la ride Domenico. L’autunno è ricchissimo di frutti, ma prima lo era già stata l’estate, con le diverse varietà di albicocche (reale di Imola, tondina di Tossignano e Santa Caterina) e le pesche (San’Anna, Ala come dicono in Romagna che poi sarebbe Hale, buco incavato, sanguinella, poppa di Venere), le susine, e prima ancora le ciliegie. Insomma cosa insegnano le piante di Domenico: «Che il contadino poteva mangiare frutta fresca tutto l’anno senza avere bisogno del frigorifero, perché ogni stagione aveva la sua frutta. Certo per come si vive oggi e per quello che è l’agricoltura oggi, non sarebbe remunerativo, ma dobbiamo sapere che così perdiamo un patrimonio immenso, anzi in gran parte lo abbiamo già perso». Conoscendolo almeno un po’ questo patrimonio, e un passaggio alla bancarella di Domenico il venerdì al mercato di Faenza, o alla sua azienda, si potrebbero però cambiare le proprie scelte, assaporare sapori nuovi e dare ancora più valore al progetto di chi si è preso la briga e il piacere di difendere la biodiversità a partire dal suo frutteto.

WEEK END A CASOLA VALSENIO
Continua ancora per il prossimo week end la Festa dei Frutti dimenticati di Casola Valsenio. Fra le molte attività, che vedono impegnata anche l’associazione “Il lavoro dei contadini”, sabato alla chiesa dell’ex Suffragio (via Matteotti 59) alle 15.30 è in cartellone una degustazione guidata per conoscere i frutti dimenticati a cura di Beppe Sangiorgi e Carlo Pagani, giardiniere ed esperto botanico. Lungo le vie del centro La fattoria Ambulante di Tinto Grass e Balli popolari con Fragole e Tempesta. Domenica viene invece proposta un’escursione vera e propria tra i frutti dimenticati con iscrizione e ritrovo alle 8.30 in piazza Oriani, a cura del Gruppo Trekking “Nasturzio” di Riolo Terme e Cai di Faenza. Per l’itinerario completo visitare il sito della Pro Loco (info: 3355423339 - costo 4 euro). Alle 10 visita guidata anche al Giardino delle erbe Rinaldi Ceroni (3.60 euro il costo, prenotazioni: 054673158). Durante tutto il pomeriggio laboratorio per la costruzione di piccoli spaventapasseri; nella chiesa dell’ex Suffragio alle 12 menù degustazione con piatti a base di frutti dimenticati e prodotti tipici del territorio, in collaborazione con l’Istituto Alberghiero “Artusi” di Riolo Terme (prenotazione 0546 73033).

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui