Lucio Bernardi, un fantasista ironico e capace figurativo delicato e insolente

SANTARCANGELO. Lucio Bernardi (Santarcangelo di Romagna 1919 -2010) manifesta il suo interesse per le arti figurative già da ragazzo frequentando a Forlì lo scultore Bernardino Boifava e il pittore-ceramista Pier Claudio Pantieri. Negli anni successivi segue gli insegnamenti di Emo Curugnani sfollato a Santacangelo nel 1944, partecipando alla vivace vita artistica del borgo clementino della fine degli anni ’40.

Compagni della sua avventura sono pittori, poeti e letterati tra i quali Tonino Guerra, Federico Moroni, Lazzaro Lombardini, Giulio Turci, Flavio Nicolini, Raffaello Baldini, Nino Pedretti, Rina Macrelli e Gianni Fucci oltre a un gruppo di pittori “forestieri”, Marcello Muccini, Osvaldo Pieraccini, Alberto Sughi, Nino Terziari, Renzo Vespignani e Graziella Urbinati. Militante nel neorealismo post-bellico, partecipa alla 1ª Mostra Nazionale del Disegno e dell’Incisione Contemporanea a Forlì nel 1952, alla Biennale del Mare di Rimini del 1953 e ad altre collettive in Romagna.

Dal 1956 ha un laboratorio di ceramica in via dei Nobili a Santarcangelo dal quale escono tanti “pezzi” pregevoli, incluse le piastrelle in maiolica della stufa per la scuola di Bornaccino realizzata nel 1959 assieme a Gian Luigi Giordani e la collaborazione degli amici Nicolini, Moroni e Guerra. Espone a Milano nel 1964 e nel 1969, a Bologna e a New York nel 1965, poi a Bari nell’89.

Dalla metà degli anni Sessanta si interessa di incisione partecipando con altri artisti santarcangiolesi alle collettive di Belgrado e di Mostar. Nel 1973 pubblica la cartella linoleografica “Dieci incisioni per dieci poesie di Tonino Guerra” e nel 1980 realizza il manifesto per il 10° Festival Internazionale del Teatro in piazza di Santarcangelo.

Pur continuando a disegnare, dipingere a olio e all’acquerello ritratti, ironici di personaggi femminili in abiti discinti, gruppi in posa e nature morte, Bernardi sfrutta materiali inusuali per realizzare “invenzioni” di grande suggestione. Nascono così collages con carte antiche, visi e figure tridimensionali, sassi di fiume dipinti e piccole e curiose sculture.

Tutta la sua produzione mette in evidenza un elemento comune, quello «dell’artista faber, capace di assecondare e nutrire la propria maturale manualità con vivace e dinamica curiosità, vaga e mutevole fantasia ed estrosa, per non dire bizzarra , vena inventiva». Parole con le quali Orlando Pieraccini sintetizza l’opera di questo artista-artigiano sul catalogo della grande retrospettiva al Monte di Pietà e Sala dei Fabbri di Santarcangelo nel novembre 2007, curata con Silvia Baldini, “Lucio Bernardi. A me gli occhi” edito da La Pieve di Villa Verucchio.

Nello stesso volume, Simonetta Nicolini, profonda conoscitrice dell’esperienza culturale santarcangiolese nel secondo dopoguerra, descrive e commenta l’atmosfera e gli eventi che coinvolgono e influenzano l’opera di Bernardi, mettendo in risalto come l’inventiva dell’artista si traduca in un «figurativo delicato e insolente» ricco di «luoghi della creazione dove la tecnica, con i suoi piccoli virtuosismi, è offerta al servizio di una immaginazione divertita e felicemente incostante».

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