Santarcangelo, Paolo Carlini a 100 anni dalla nascita

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«Affettuosissimo, pieno di allegria, spronava all’ottimismo». Questo era l’attore santarcangiolese Paolo Carlini agli occhi della nipote Carla Giunchedi. E sarà proprio lei oggi, alle 16.30, ad aprire l’appuntamento al Supercinema, per celebrarlo a 100 anni dalla nascita. Carlini, soprannominato Nino, era nato il 6 gennaio del 1922 ed è morto a Roma il 3 novembre del 1979.

Dopo il ricordo della nipote, in programma il film del 1953 Vacanze romane, con Carlini nel ruolo del parrucchiere che taglia i capelli alla principessa Anna e la invita a ballare sul Tevere.

«Il suo è un cameo che gli somiglia molto – die Giunchedi –, era perfetto per quella parte, ci restituisce Nino com’era da giovane, anche se purtroppo la voce non è la sua perché fu doppiato. Era sotto contratto con la casa di produzione Fontana e stava girando La muta di Portici, interpretava Masaniello, così quando la Paramount e il regista Wyler insistettero per averlo, Fontana gli consentì di partecipare ma non gli diede il tempo per doppiarsi».

Ci ha detto che le sue caratteristiche principali erano l’allegria, l’ironia, una simpatia e tenerezza comunicativa che gli permetteva di arrivare al cuore di tutti; lei lo ricorda bene?

«Certo, anche io sono nata a Santarcangelo, e la casa dello zio per me era la casa di famiglia, dove ho trascorso tutte le vacanze. Costruendo la nuova casa, nel ’53, fece predisporre un appartamento per sua sorella, mia madre, e la mia famiglia. Ricordo molto bene il trasloco dalla precedente abitazione vicino al cinema Eden e lui che mi teneva per mano».

Fu il mitico Eden, di cui i genitori di Paolo erano comproprietari assieme a Primo Turci, a scatenare la sua passione per il cinema?

«Indubbiamente. I miei nonni materni, Caio Carlini, che calcava le scene come tenore, e Venusta Squadrani, costruirono il cinema negli anni 1920–21, prima sala cinematografica in città, in stile liberty, e lui ci è cresciuto dentro. Aveva accesso alla cabina di proiezione e assisteva alle operazioni di montaggio e smontaggio dei film, era perfettamente in grado di correggere i difetti di proiezione, operando tagli e giunzioni. Una volta, affascinato dalla scena di una rumba attesissima dal pubblico, isolò la sequenza, la tagliò, se la mise in tasca e ricongiunse la pellicola. Il film fu proiettato senza quella scena provocando grande subbuglio fra gli spettatori delusi. Ben presto Turci comprese cosa fosse successo e si diresse a casa dei Carlini gridando: “Nino, duvela la rumba?”, recuperò la sequenza e il film fu proiettato integralmente, con grande soddisfazione del pubblico. Rivelava questa sua abilità anche da adulto, quando preparava per noi familiari la visione di qualche pellicola della sua cineteca. Noi eravamo fortunati a poter vedere in casa tanti film».

Quanto era legato alla sua città?

«L’amava in modo quasi viscerale, la ricordava continuamente, anche in tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche in cui veniva ospitato; è accaduto anche negli Stati Uniti nel ’61. A noi raccontava divertito la goffaggine del presentatore che non riusciva a pronunciare correttamente il nome Santarcangelo».

Carlini era spesso lontano per girare film (oltre 40), per le tournée teatrali (più di 50 spettacoli), senza contare le presenze in tv e le partecipazioni agli sceneggiati. Provava nostalgia di casa?

«Penso che la nostalgia gli fosse cresciuta dentro perché aveva lasciato il suo paese nel 1940, a soli 18 anni, quando partì per Roma per iscriversi al Centro sperimentale di cinematografia. La sua era stata una vocazione precoce, incoraggiato anche dall’attrice santarcangiolese Teresa Franchini, sua prima insegnante e sua tutrice a Roma».

Lei e suo fratello Paolo avete deciso di donare i materiali dello zio alla biblioteca.

«Sì, io sono una bibliotecaria e sono consapevole del valore che questo materiale può avere per studi futuri».

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