Sant'Agata sul Santerno: "Non ho più protesi, casa e auto". Andaz soccorso dagli amici del basket

Lugo

Andaz Aziz Saleh, che da cinque anni vive a Sant’Agata sul Santerno con la famiglia, ha perso di nuovo tutto. Il destino lo aveva già messo a dura prova quando, ancora minorenne, per fuggire alle persecuzioni contro i curdi del regime dittatoriale di Saddam Hussein perse entrambe le gambe su una mina quando era ormai arrivato al confine con l’Iran, che attraversò portato in braccio da alcuni suoi compagni di viaggio. Un viaggio infinito tra Turchia e Grecia che all’inizio degli anni 2000 lo ha poi portato a Ravenna, dove fu abbandonato in autostrada e dove è tornato a camminare grazie a due protesi. Gambe artificiali altamente tecnologiche che l’alluvione ha danneggiato, tanto che ora ha cercato di aggiustarle «con dei cerotti in attesa di poterle sistemare».

La conta dei danni

Mercoledì sera il 44enne è tornato nell’abitazione da cui è dovuto fuggire quando il Santerno ha rotto gli argini allagando il paese. «Alle 3.30 una valanga di acqua e fango è entrata in casa. Con mio figlio abbiamo aperto la porta per capire cosa stesse succedendo e siamo caduti a terra. A quel punto siamo andati nel terrazzo al piano superiore e siamo rimasti li fino a quando, dodici ore più tardi, i soccorritori ci hanno portato in salvo con i gommoni perché nelle mie condizioni non potevo essere preso dall’elicottero». Per una settimana è stato ospite del centro di accoglienza allestito a Massa Lombarda, «poi ho passato una notte in quello di Lugo ma la mancanza di spazi e servizi igienici per disabili mi ha spinto a tornare a casa». Dove non c’è quasi più nulla. «Non si è salvato niente, c’era un metro di fango ovunque che ho tolto insieme agli amici che ai tempi in cui vivevo a Ravenna giocavano a basket e che sono venuti a darmi una mano. E grazie anche alla Protezione civile di Massa Lombarda io e mio figlio grande adesso abbiamo almeno una brandina su cui dormire e un po’ di cibo. Non potrò mai dimenticare il loro aiuto» . Due coperte e alcuni vestiti del figlio che erano sopra un armadio. Questo è tutto quello che è rimasto. «Devo ringraziare Dio che siamo vivi – prosegue Andaz –. Per fortuna quando è successo tutto non c’erano mia moglie e mia figlia, che ha 13 anni. Sono tornate in Kurdistan a inizio mese perché il padre di mia moglie ha problemi di salute. Almeno non hanno visto questo disastro. Le protesi che mi consentono di camminare sono danneggiate dall’acqua e dal fango, come quelle di riserva. L’auto con i comandi speciali che mi consentiva di muovermi era nel garage al piano terra ed è da buttare, così come i mobili e gli elettrodomestici. E oltre agli oggetti ho perso tutti i ricordi, le foto e i filmati dei miei figli, anche i video dei miei genitori che non ci sono più e che ogni tanto riguardavo. Ora non so come farò, spero solo che almeno mio figlio, che ha 19 anni, possa fare l’esame per entrare al corso di meccatronica dell’Università a Lugo. Purtroppo anche i suoi libri sono stati rovinati dalla melma. Ho pensato tanto, pianto tanto. Ma da qualche parte dovremo trovare la forza per tornare a una vita normale».

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