Sant’Agata sul Santerno, riabbassato l’argine alzato dopo l’alluvione

Un rinforzo nel punto critico che provocò l’allagamento del paese con tanto di rialzo della sommità dell’argine. Poi il ripristino della quota precedente, più bassa, per consentire la ripresa del traffico ferroviario sulla linea Lavezzola-Faenza. E ora quell’argine che ha sollevato dubbi, polemiche e timori, torna a fare paura.

A distanza di tre mesi da quando il fiume Santerno lo ha sfondato ricoprendo di fango l’intero centro abitato di Sant’Agata e lasciando dietro di sé due morti e tanta devastazione, la sua ricostruzione è quasi ultimata. Manca solo il ripristino della linea ferroviaria, ma davanti a quei binari ora c’è un muro di terra e massi facente parte dell’argine stesso.

L’imminente riapertura della tratta ferroviaria Faenza-Lavezzola, che passa proprio sul ponte che poggia su quegli argini, era programmata per l’inizio delle scuole, ma proprio ieri una nota di Rfi ha spiegato che slitterà di una ventina di giorni, gli stessi con cui l’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale e Protezione Civile ha tardato nel terminare i lavori in quel tratto. Una data stabilita da quest’ultima agli inizi di luglio nella riunione che si è tenuta con Regione e Rfi.

Ed è il verbale della stessa che non ha convinto chi quelle soluzioni le ha lette. Di questo ne è certamente convinto Agide Proni, imprenditore santagatese che sotto la rottura dell’argine ci abita e ha dei terreni nei quali giacciono ancora le macerie e i detriti di quel tragico evento. Danni per un milione di euro e nessuno è ancora andato a rimuovere ciò che ha lasciato il fiume. In compenso gli hanno chiesto se potevano passare sulle sue proprietà per eseguire i lavori. «Assolutamente no – la risposta di Proni –. Soprattutto quando ho letto gli interventi programmati».

A fare paura, infatti, è la modalità con cui si è deciso di ripristinare quella linea ferroviaria (anche se “transitoriamente”) a ridosso di quel ponte che è sempre stato indicato come il maggior responsabile di quel disastro. L’effetto “diga” causato dal suo posizionamento al di sotto della quota arginale è ormai correlato da tutti all’enorme pressione con cui l’acqua del fiume è arrivata a scontrarsi con quell’argine, indebolendolo e aprendolo inesorabilmente come fosse burro.
L’ipotesi di alzare il ponte – che vorrebbe dire intervenire su molti chilometri di linea ferroviaria – è una di quelle allo studio, ma la tempistica imposta dalla Regione per far girare i treni impone scelte diverse: ripristinare ciò che già c’era, anche se bisognerà sfondare entrambi gli argini. Già, perché gli interventi programmati dalla Protezione Civile per ripristinarli e rinforzarli ne hanno innalzato la quota precedente di circa un metro, talvolta anche di più. Questo implica che – come riportato nel verbale dell’incontro – per riposizionare i binari quel surplus vada necessariamente rimosso, scavando nel terreno e tornando alla quota precedente. E qui il paradosso: tempo e risorse per costruire una barriera più alta per una maggiore sicurezza e poi doverla comunque bucarla.

Per stare sul sicuro, la Protezione Civile esige che in prossimità di quegli scavi vengano realizzate delle opere a sostegno dei rilevati arginali. Tuttavia, per Rfi era impossibile adempiere a quelle richieste senza sforare la data stabilita (ora posticipata ai primi di ottobre, ndr) e quindi viene concordato dalle parti che quegli interventi verranno realizzati subito dopo la riapertura della tratta. E già questo potrebbe essere un modus operandi preoccupante. E lo è, perché è proprio la Protezione Civile a chiedere «la redazione di una procedura di emergenza che preveda un presidio da parte di Rfi in caso di allerte o superamento delle soglie idrometriche e la possibilità/necessità di chiusura della linea ferroviaria per eventi particolarmente critici, con un ripristino provvisorio della quota arginale nel tratto interessato dal tracciato ferroviario».
«Tutto questo è assurdo – rimarca Agide Proni –. Come si può concepire e accettare che un argine che per motivi di sicurezza è stato alzato anche più di un metro venga scavato e ribassato proprio nel suo punto più critico? Ma ancor peggio è l’idea che in caso di allerta, e ciò quindi può voler dire nella migliore delle ipotesi un giorno prima, quella quota possa essere ripristinata portando terra e massi che come per magia dovrebbero amalgamarsi col resto dell’argine in poche ore. Dopo quello che è successo i santagatesi non possono più vivere con questi timori – chiosa – e le istituzioni locali devono vigilare e tutelarci».

Rfi: «In caso di allerta meteo la protezione sarà rialzata»

In molti tra i cittadini di Sant’Agata sul Santerno vorrebbero sapere cosa si intende per riapertura “in regime transitorio” e se l’ipotesi di innalzamento del ponte è concreta. «Come prescritto dalle Autorità di bacino, in caso di criticità idrauliche e in attesa della loro completa risoluzione, si applicano condizioni di esercizio transitorio delle opere di attraversamento (in questo caso del ponte) definite da specifici accordi con le varie autorità – spiega Rfi in merito alle modalità di ripristino della tratta ferroviaria Lugo-Lavezzola –. Per raggiungere le aree di cantiere e poter eseguire le lavorazioni si è resa necessaria la creazione di una pista provvisoria di circa 400 metri da realizzare al di sopra del sedime ferroviario, tra la stazione ferroviaria di Sant’Agata ed il ponte. Nel cantiere saranno impegnati circa 40 tecnici di Rfi e delle ditte appaltatrici, con ausilio di una decina di mezzi d’opera».
L’azienda conferma anche che «il rialzo del ponte ferroviario, al fine di garantire un adeguato franco di sicurezza, è una delle ipotesi progettuali di risoluzione definitiva». Va detto, peraltro, che l’innalzamento dell’argine di un metro e più non è finalizzato al ponte bensì il contrario: con le nuove quote arginali sussistono ulteriori motivazioni per la sua ricollocazione. Tuttavia, che entrambi gli argini saranno indeboliti dallo scavo per l’attraversamento dei binari è un dato di fatto, come lo è la preoccupazione di chi è già stato colpito da quella inondazione. «Così come previsto nell’accordo del 3 luglio – sottolinea Rfi – è in corso di redazione una procedura di emergenza che preveda un presidio da parte della nostra azienda in caso di allerte o superamento di soglie idrometriche nei tratti a monte, e la chiusura della linea ferroviaria per eventi particolarmente critici, con un ripristino provvisorio della quota arginale nel tratto interessato dal tracciato ferroviario con materiale di riporto già stoccato nei pressi della travata».

Commenti

  1. io so solo che se ci troveremo un altra volta nella stessa situazione..succedera un casino..perche qua e stata la distruzione totale..e un altra volta non credo che gliela faremo passare…quindi speriamo che facciano tutto come devono fare anche perche arriva l inverno sta volta…e anche Bonaccini che la finisca di parlare solo..e che inizi a cacciare fuori i soldi delle donazioni..

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