Truffa del cartellino, assolti tutti gli imputati. Si è chiusa nei giorni scorsi con il ribaltamento della sentenza di primo grado, la vicenda giudiziaria che aveva coinvolto quattro dipendenti dell’Aass (Azienda autonoma di Stato per i servizi pubblici), in forza al macello pubblico del Titano, accusati di aver falsificato le timbrature di ingresso e uscita, tra aprile e luglio del 2022, per ritagliarsi tempo libero e effettuare così commissioni o impegni personali. Si tratta, scendendo nei dettagli, di Lucia Zanotti e Massimo Cecchetti (difesi dall’avvocato, Federico Fabbri Ercolani) ed Emanuele Baldini e Marco Barulli (difesi dal legale, Maria Selva). Secondo l’accusa, dopo aver strisciato il badge, i dipendenti disertavano il posto di lavoro per andare dal medico o al bar. Scelte che non sono passate inosservate soprattutto mentre due di loro sperimentavano l’adrenalina del motocross peraltro senza casco. In un altro momento l’unica donna del quartetto si era recata prima in farmacia e poi in un’abitazione privata.
San Marino, truffa del cartellino, sentenza ribaltata: assolti i quattro dipendenti del macello

Ricapitolando
Le indagini (condotte con l’ausilio di intercettazioni video, autorizzate dall’autorità giudiziaria) sono iniziate a fine 2022 a seguito di segnalazioni e hanno riguardato diversi episodi a partire dall’aprile dello stesso anno. I movimenti dei quattro colleghi sono stati ricostruiti dalla polizia civile anche grazie a cimici per intercettazioni ambientali, controlli e pedinamenti approdando così all’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato. Oltre a sanzioni di varia entità, la sentenza di primo grado prevedeva 2 anni e 2 mesi di prigionia per l’unica donna; agli altri (a cui poi era stata concessa la sospensione della pena) rispettivamente 10, 7 e 6 mesi. Tutti sono poi ricorsi in appello. La condotta, oggetto di contestazione, era stata descritta nell’irregolare uso dei cartellini di timbratura e nell’aver attestato falsamente la loro presenza al lavoro traendone ingiusto profitto. In sostanza gli episodi reiterati di assenteismo, secondo quanto documentato dagli inquirenti, avevano comportato un danno erariale.
La sentenza
In appello il giudice David Brunelli ha riconosciuto invece la buona fede degli imputati e l’insufficienza di prove a loro carico. Nello specifico la direttrice Zanotti e Cecchetti sono stati assolti perché non risulta dimostrata con chiarezza la sussistenza del fatto, mentre per Barulli e Baldini “il fatto non sussiste”.