San Marino, la Fuli-Cdls: “Il bonus bebè soltanto uno spot, non scalfisce il problema denatalità”

San Marino

«Bonus bebé, solo uno spot elettorale». A San Marino si fanno sempre meno figli anche perché crescerli è sempre più costoso e conciliare la carriera con la famiglia un dilemma. Sono stati 191 i nuovi nati nel 2023, poco più della metà dei nati di un decennio fa e come si evince da un report dell’ufficio di Statistica l’età media delle sammarinesi al primo figlio è passata da 30,9 anni nel 2014 a 33,6 anni nel 2023. Un nodo, quello della denatalità sul Titano, che non fa deporre l’ascia di guerra. In particolare il sindacato Fuli-Cdls boccia il decreto delegato 29 del 20 febbraio scorso, con cui l’Esecutivo ha istituito un sostegno per la prima infanzia, da accreditare una tantum sulla Smac di ogni famiglia che lo richieda attraverso un applicativo, con un importo che varia in base a fasce di reddito. Un intervento che viene bollato come inefficace e poco chiaro dalla funzionaria Fuli-Csdl Simona Zonzini. «Il bonus – attacca – non va a scalfire le problematiche alla base della denatalità e del progressivo invecchiamento della popolazione, che avrebbero bisogno di interventi strutturali e di ben più ampia portata». La prima falla, a suo avviso, è proprio il mancato confronto con il sindacato oltre a zone d’ombra, in primis l’assenza del paniere specifico di prodotti da definire.

Nodi irrisolti

Anche il carattere effimero dell’iniziativa, valida solo per il 2024, finisce sotto gli strali del sindacato. Nel decreto, proseguono dalla Confederazione, si prende come riferimento la fotografia del nucleo familiare nel 2023, richiedendo il reddito pro capite di ogni componente, per definire a quale fascia di reddito si appartiene e stabilire l’importo del bonus. Peccato che se un figlio nasce nel 2024, non risulti nello stato di famiglia dell’anno precedente. Ed è solo la punta dell’iceberg, visto che non è ancora attivo il programma applicativo attraverso cui inoltrare la domanda. «Altro aspetto sconcertante - incalza Zonzini - è che occorre aspettare le dichiarazioni dei redditi relative al 2023 che vanno stilate entro la fine del prossimo luglio». Oltre al danno la beffa, dunque, finché non si abbandonerà la logica secondo cui un figlio è visto come un costo. L’unica via da percorrere invece «è agire in maniera congiunta, concertata, e con interventi strutturali» con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali «che non può essere visto come un peso».

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