San Marino, cinghiale ucciso sulla ciclabile: animalisti contro cacciatori

Cinghiale ucciso sulla ciclabile, Apas sale sulle barricate. «Ho assistito ad una scena agghiacciante e cruda che ha messo in pericolo la sicurezza pubblica», così una donna ha lanciato l’allarme su Facebook, sabato scorso, dichiarando di aver visto abbattere un cinghiale sulla ciclopedonale lungo una strada di Faetano. Lo svolgimento di una braccata nei dintorni della strada del Marano è stata segnalata anche all’ufficio gestione risorse ambientali e agricole. Alla testimone che percorreva la strada in direzione monte, i cacciatori avrebbero intimato l’alt con i fucili indosso mentre un cinghiale, rincorso dai cani, piombava in strada nel parapiglia generale. Pochi attimi, prosegue la donna, ed «è stato freddato a fianco alla strada su un pezzo di pista ciclopedonale».
Stando alla versione dei cacciatori, l’esemplare femmina colpita rischiava di costituire un rischio per gli automobilisti. Avrebbe infatti continuato a correre, cadere e ruzzolare verso la strada, il che avrebbe reso indispensabile sia fermare il traffico che finire il cinghiale. Ma cosa dice la normativa? Il decreto 18 del 5 giugno 1972, il cui articolo 32 recita: «L’esercizio della caccia è vietato nelle zone distanti meno di 100 metri da immobili adibiti ad abitazione o a posti di lavoro nonché sulle strade carrozzabili». Da qui l’inghippo perché le ciclabili, sconosciute mezzo secolo fa, non sono vie carrozzabili.
In merito all’accaduto, l’Apas (Associazione sammarinese protezione animali) deplora la crudeltà usata dei cacciatori durante le braccate. «Una crudeltà che non ha limiti – incalzano – perché vengono sacrificati i cani, costretti a fronteggiare i cinghiali, uccise femmine gravide e inseguiti sino allo sfinimento cinghiali feriti, mettendo a repentaglio la sicurezza delle persone».
A loro avviso non c’è alcun nodo «neppure normativo che giustifichi metodi così sanguinari e efferati».
Da qui la richiesta di scrivere la parola fine alla braccata sul Titano, perché «gli ungulati non sono più in sovrannumero, per via dell’unico predatore naturale, il lupo, che sa fare il suo mestiere, dimostrando in pochi anni ai bipedi armati di fucile che l’ecosistema si regola con perizia e intelligenza, ottenendo quei risultati che in più di un decennio l’uomo non è riuscito ad avere». Stoccata finale? Il Piano quinquennale di gestione del cinghiale prevede che «un certo numero di capi rimanga in territorio, invece che continuare le battute a oltranza, si rischia di causare l’eradicazione di quest’ungulato che fa parte dei nostri ecosistemi boschivi».