SAN MARINO. I salari bassi mettono in difficoltà anche i lavoratori di San Marino e molti di loro sono costretti a ricorrere al fondo di previdenza complementare Fondiss, in particolar modo per le spese dentistiche.
A dirlo è l’Usl, l’Unione sammarinese dei lavoratori. «Giovedì 11 dicembre», scrive l’Usl in una nota diffusa oggi, «il Comitato Amministratore di Fondiss ha presentato come di consueto, la relazione annuale rispetto all’evoluzione della gestione di Fondiss. Dai dati forniti ciò che salta all’occhio è la continua crescita di domande di anticipazioni che dalle 87 del 2022 sono diventate 545 nel 2025, senza contare che il dato non rileva quelle presentate a novembre e dicembre. Tra le principali motivazioni addotte dagli istanti figurano le spese dentistiche, per affrontare le quali appunto si attinge al fondo».
Per Usl non ci sono dubbi. «È un dato questo che deve indurre una seria riflessione perché il fatto che chi lavora non riesca nemmeno a far fronte alle spese per curarsi, la dice lunga sul depauperamento di salari e stipendi e sull’urgenza di interventi in questo senso, oltre ovviamente al rinnovo dei contratti stessi. È stata annunciata una riforma su Fondiss e due sono gli auspici di USL: che le proposte di modifica vengano preventivamente condivise con le parti sociali e che non si pensi come soluzione per limitare le fuoriuscite di denaro che stanno colpendo il fondo sotto forma di anticipazioni, di mettere mano alla normativa inserendo limiti più stringenti a meno che questi non siano mirati ad escludere interventi non strettamente legati alla salute come quelli puramente estetici. Una politica lungimirante pensa piuttosto a come fare aumentare il benessere di una popolazione che in larga parte sta risentendo in maniera grave delle crisi di questi anni. Introdurre nuovi limiti significherebbe evidentemente togliere altro ossigeno a chi purtroppo lo ha quasi finito».
Per l’Usl «occorre infatti concentrarsi su altro e cioè sulla remunerazione del fondo che dovrebbe puntare su tassi ben più sostanziosi di quelli ottenuti sin qui, riconquistando quella fiducia collettiva che forse un po’ nel tempo è andata perduta. Questo anche a fronte dell’innalzamento delle trattenute/quota Fondiss in busta paga a partire da gennaio. Quanto alla liquidazione della prestazione pensionistica complementare, sin qui erogata in maniera integrale in capitale, la finanziaria dovrebbe istituire una nuova proroga e rinviare a dopo il 2026 l’erogazione in forma di rendita. Come già più volte sottolineato, urgono scelte lungimiranti che non costringano a pensare a come limitare le uscite ma si concentrino sul come far fruttare le entrate, a beneficio dei lavoratori e della crescita del Paese stesso».