Forza lavoro, a San Marino uno su tre è frontaliero. I sindacati: «Serve una rappresentanza»

Leggi e normative
La maggioranza dei frontalieri che lavora a San Marino arriva dalla provincia di Rimini con oltre il 72% dei lavoratori impiegati nella Repubblica. In ambito comunale, tra quelli che hanno un maggior vantaggio dalla dinamica occupazionale dell’economia sammarinese sono i lavoratori di San Leo con il 6,6%, Verucchio con il 4,7%, e una quota variabile dal 3% al 3,7% per i Comuni del Montefeltro e di Coriano. Più del 90% dei frontalieri è italiano, il restante 9,9% è di cittadinanza extra italiana. La ricerca ha preso anche in considerazione leggi e normative, a partire dalla 115/2017 del Titano che tratta la gestione dei frontalieri all’interno di un provvedimento che ha lo scopo di incentivare lo sviluppo economico della Repubblica. La norma vuol regolare i flussi di frontalieri per contemperare gli interessi occupazionali del territorio con le esigenze di assunzione di nuova forza lavoro per le imprese. E per questo la norma conta due strumenti: un vincolo ad assumere personale non iscritto all’avviamento solo in caso di mancanza di idonei candidati sammarinesi. E, nel caso si assuma personale non iscritto all’avviamento al lavoro della Repubblica, il pagamento un contributo annuale del 4,5% del reddito imponibile. Per la ricerca, però, il provvedimento ha un effetto a vantaggio dei lavoratori residenti solo per una quota che appare ridotta di lavori ad alta qualificazione tecnica e specialistica, ma incide su una parte veramente ridotta del mercato del lavoro locale. Ecco perché per Giuseppe Agurusa, responsabile nazionale frontalieri Cgil, i sindacati aderenti al Csir devono tra l’altro «riprendere con vigore il percorso dello Statuto dei lavoratori frontalieri, recepito dal Consiglio europeo degli italiani all’estero, affinche’ il lavoro frontaliero sia piu’ chiaramente definito dentro un perimetro specifico».