Badante ucraino a processo per furto a San Marino. Avrebbe sottratto beni per 130mila euro all’anziano che assisteva

Monete da collezione, armi storiche e attrezzatura professionale da giardinaggio. Ammonta a un valore di 130mila euro quanto razziato nel tempo da un 48enne ucraino alla famiglia per cui lavorava come badante. Nel dettaglio l’uomo assisteva dal 2014 un anziano ex professionista sammarinese, poi deceduto nel 2020. Per svolgere al meglio il suo compito la moglie dell’assistito gli aveva affidato copia del suo mazzo di chiavi che includeva, tra l’altro, quelle di un caveau sotterraneo dove erano custodite armi da collezione, tra cui sette fucili e una pistola, detenute regolarmente dal proprietario ma, stando all’accusa, fatte sparire nel nulla dall’assistente familiare originario di Leopoli.
Raffica di ammanchi
La scoperta dei furti risale al maggio del 2019 ed avvenne per puro caso mentre il badante si trovava in ferie nel proprio paese d’origine. Una doccia fredda che spezzò di colpo i legami maturati in quasi cinque anni di “convivenza”. La richiesta di spiegazioni, rivolta al presunto responsabile per via telefonica, cadde nel vuoto determinando la scomparsa dell’accusato che di fatto non è mai rientrato sul Titano.
La famiglia dell’anziano ha subito sporto denuncia, non sapendo se le armi, che risultavano intestate a loro nome, fossero state vendute e, in caso di risposta affermativa, in quale Stato e a quale tipo di persone. Il peggio doveva ancora venire perché, dopo aver stilato un secondo inventario, emersero ulteriori e salati ammanchi, tra cui diverse monete da collezione e un kit di attrezzi professionali, e quindi molto costosi, dedicati al giardinaggio. Conto finale, 130mila euro.
La storia è approdata ieri in tribunale, davanti al commissario della Legge, Vico Valentini. Sul badante pesa l’accusa di furto continuato, un reato che risulta ormai prescritto. Il giudice Valentini ha tuttavia rimesso in istruttoria gli atti. Così il capo d’imputazione potrà essere formulato da capo e includere in aggravante la posizione del 48enne come dipendente della famiglia. A essere stata tradita è infatti la fiducia che i datori di lavoro avevano riposto in lui, dandogli carta bianca.