Salvati 67 profughi: medico del Bufalini di Cesena tornata in porto

Cesena

POZZALLO. «Abbiamo attraccato in Sicilia circa 24 ore dopo aver strappato alla morte 67 persone. Adesso la nave necessita di riparazioni. Poi si vedrà se proseguite nel viaggio o se la nostra (e mia) missione dovrà ritenersi conclusa».
La fatica ed i pericoli corsi non si sentono nella voce al telefono di Vanessa Guidi: la giovanissima medico gambettolese che nell’arco di pochi mesi è passata prima dall’Africa insulare, poi a combattere il coronavirus all’ospedale Maurizio Bufalini di Cesena ed ora ad imbarcarsi, per conto della Ong Mediterranea Saving Humans, sulla Mare Jonio: nave che dopo il dissequestro è tornata a salvare vite in mare aperto, tra la Sicilia e l’Africa.
La sua attuale “avventura lavorativa umanitaria” era stata descritta ieri sulle colonne dell’edizione cesenate del Corriere Romagna. Proprio mentre si completavano le prime operazioni di salvataggio di questo arco temporale di missione.
«Abbiamo avuto l’ok per attraccare nel porto sicuro di Pozzallo nel pomeriggio di sabato - raccolta la gambettolese - A bordo, per controllare i 67 migranti salvati e sottoposti dopo essere stati sottoposti ad uno stress psicologico inimmaginabile, è salita anche l’autorità dell’Usmaf con il proprio medico. Ed una volta verificato che le disposizione anti Covid-19 fossero tutte state rispettate ha dato il via libera allo sbarco».
È stato il primo salvataggio in mare per la dottoressa Guidi.
Sembra lontana per ora la possibilità che non ci sia più bisogno di azioni umanitarie nel Mediterraneo. «Purtroppo le partenze dalla Libia continuano. Ci piacerebbe non dover essere necessari ma lo siamo. Il medico dell’Usmaf (Ufficio di sanità marittima area di frontiera, ndr) è salito a bordo anche per capire se dovevamo essere sottoposti a quarantena. Ci hanno fatto i complimenti per la gestione di questo aspetto sanitario delicato. Merito mio? In realtà di tutti: visto che il nostro comportamento ci eviterà di dover stare in isolamento fiduciario. Ed è merito anche delle donazioni che ci sono state fatte. Tute di contenimento, occhiali, mascherine… Tutto l’equipaggiamento è a norma e c’è massima consapevolezza di come ci si deve muovere».


Stare in mare per salvare migranti non deve essere una missione semplice. Ma Vanessa Guidi non pare sentire la stanchezza. «Adesso stiamo bene ma è stato molto impegnativo. Siamo soltanto 8 marittimi per governare la nave e 4 sono i volontari. Le analoghe missioni vedevano prima del coronavirus in mare anche 11 volontari per fare lo stesso tipo di lavoro. Invece questa volta c’è un capo missione, un capo soccorritore ed una persona che si deve giostrare tra l’essere il secondo soccorritore ed il paramedico al mio fianco.
Siamo molto contenti e soddisfatti per aver gestito al meglio il tutto. Ora proviamo la gioia di aver riportato a terra persone che rischiavano di morire. Stiamo anche già quasi dimenticando il tempo brutto avuto in mare prima dell’attracco in Sicilia. La nave ha tenuto duro anche se adesso serve qualche riparazione per i colpi subiti».
Il pensiero del medico resta sempre sui suoi pazienti: «Le condizioni di tutti erano discrete. Ma stavano per morire in mare ed erano tutti traumatizzati. Oltre che disidratati e fiaccati dall’aver dovuto bere acqua di mare per sopravvivere. Ho dovuto fare un triage generale per valutare che non ci fossero sintomi Covid-19 in nessuna delle persone salvate. E mi sento d escluderlo».
Missione finita? Ancora non si sa. Ma prima o poi Vanessa Guidi tornerà nella sua Romagna ed al pronto soccorso del Bufalini dove ha lottato in prima linea contro il Coronavirus, nella fase pandemica più calda. «Non sappiamo quanto dureranno le riparazioni e non ci è dato sapere se questa missione sia terminata o no. Certo che tornerò in pronto soccorso a Cesena. Il mio contratto è ancora in essere. Il mio primario Alessandro Valentino e la mia responsabile Daniela Domeniconi sono stati molto comprensivi nel darmi il via libera per questa esperienza che sto vivendo. E mi danno molto supporto anche facendosi sentire al telefono in questi giorni a volte difficili di lavoro».

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