Salmonella: famiglia chiede nuove indagini sugli ovetti Kinder

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Le analisi sull’ovetto Kinder sequestrato la scorsa primavera per un sospetto caso di contaminazione non hanno dato alcun riscontro sulla presenza di salmonella. L’esito, giunto pochi giorni dopo l’avvio delle indagini, ha portato la Procura di Ravenna a chiedere l’archiviazione del fascicolo aperto contro ignoti dopo l’esposto dei genitori di due bambini ravennati che si sentirono male dopo avere mangiato la cioccolata della nota marca, risultando successivamente positivi al batterio. Ora però la famiglia ha deciso di opporsi alla chiusura dell’inchiesta, insistendo sulla necessità di andare a fondo sulla questione del focolaio di salmonella nello stabilimento Ferrero di Arlon, in Belgio, e chiedendo di essere ascoltati dagli inquirenti.

Il ricovero in ospedale

Per ricostruire la vicenda bisogna tornare indietro al 23 marzo. È il giorno dell’acquisto della confezione di ovetti di cioccolata della serie “Kinder sorpresa pulcini”, comprati dalla madre dei due bambini in un supermercato della città. Si tratta della stessa serie ritirata dal mercato nei giorni successivi, alla luce dei casi di infezione registrati in Europa e ricondotti al focolaio di salmonella rilevato nel centro produttivo belga.

Fatto sta che proprio pochi giorni prima della chiusura dello stabilimento disposto l’8 aprile dall’Agenzia Federale per la Sicurezza della Catena Alimentare (Afsca), i due bambini si sentono male subito dopo avere mangiato per merenda alcuni ovetti della confezione acquistata a Ravenna. Febbre alta, forti crampi addominali e diarrea; uno dei due, in particolare, non accenna a migliorare. Così i genitori lo portano al pronto soccorso, dove gli esami diagnosticano enterite da salmonella del ceppo B.

Con la segnalazione dei genitori, il caso finisce prima in mano ai carabinieri della Stazione di Marina di Ravenna, che consegnano l’unico ovetto rimasto nella confezione da sei ai colleghi del Nucleo anti sofisticazioni per sottoporlo alle successive analisi affidate all’Istituto zooprofilattico sperimentale di Bologna.

Uova dello stesso lotto ritirato

L’esito dei test effettuati dal laboratorio è questo: salmonella “non rilevabile in 20 g”. È un passaggio sul quale ora insiste l’opposizione all’archiviazione presentata dall’avvocato dei famigliari, Domenico Serrapica. Il legale osserva infatti che la motivazione con la quale si chiede la chiusura del fascicolo riporta invece che “la confezione alimentare oggetto di accertamento non è risultata contaminata da salmonella”. In altre parole, insiste la difesa, non si può escludere con certezza che il batterio della salmonella fosse presente negli altri ovetti della stessa confezione, ingeriti dai bambini. Oltretutto, continua la memoria del difensore, gli stessi carabinieri di Alba (sede commerciale della Ferrero) confermano che il lotto arrivato negli scaffali ravennati proveniva dallo stabilimento di Arlon, dove già il 15 dicembre precedente era stata rilevata la presenza di salmonella. Da qui si arriva alla richiesta al giudice per le indagini preliminari di implementare gli accertamenti sui comportamenti dell’azienda produttrice a partire dal giorno in cui è stato riscontrato il batterio in fabbrica, acquisendo informazioni sull’indagine dell’Afsca e sentendo infine i familiari dei due bambini per comprendere, ricostruendo le loro abitudini alimentari, l’eventuale correlazione tra il ricovero e gli ovetti di cioccolata consumati.

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