Remo Anzovino e il suo nuovo disco "Don't forget to fly"

«Com’è il suono di un sogno?». Così, il noto pianista Remo Anzovino apre l’incontro organizzato al cinema Fulgor dalla clinica Nuova Ricerca in occasione della presentazione del suo ultimo album “Don’t forget to fly”. A moderare l’evento, il direttore artistico musicale del teatro Galli, Giampiero Piscaglia, e il violoncellista Anselmo Pelliccioni. In modo geniale, provocatorio e poetico, Anzovino dialoga con il pubblico, spiegando le origini del progetto e portando una sua interpretazione del mondo, della musica e dell’umanità.

Che attinenza ha questo ultimo lavoro – chiede Piscaglia – con Rimini e con il Fulgor?

«Nell’album ci sono tutte le città più importanti della mia vita e mi sarebbe dispiaciuto non inserire Rimini. Mi piaceva l’idea di tornare qui creando, questa volta, il mio primo disco da solista». Approfondendo la spiegazione, il compositore cita Fellini e la sua visione onirica. Un racconto, quello che Anzovino espone, che è tanto immaginario quanto reale: «Siete nella fase rem, dormite. Vi trovate davanti a un precipizio, sotto di voi l’infinito. Vi buttate, ma non cadete. Iniziate a volare». Così, dopo aver ascoltato il brano di apertura del disco, “La seconda vita di Icaro”, lo spettatore inizia a percepire la trama. Siamo in quello che viene chiamato “Mondo dopo”, un pianeta sviluppato dopo la pandemia, rovinato da guerre, alluvioni e crisi. Continua Anzovino: «Gli uomini di questo pianeta hanno le ali, ma sono bloccate, per questo devono imparare nuovamente a volare». Riprendendo la frase shakespeariana «siamo fatti della stessa sostanza dei sogni», Anzovino spiega come l’uomo sia nato per sognare e come, per sopravvivere, debba continuare a farlo. Alludendo poi indirettamente al “carpe diem” di Orazio, Anzovino descrive alcuni momenti vissuti durante la creazione del disco, specificando l’intenzione di fondo dell’opera: «Ho voluto scrivere con un motivo ben preciso, volevo che questo disco desse piacere alle persone». Così, dopo aver proposto al pubblico un secondo brano, “On a tightrope”, Anzovino accompagna il pubblico in una riflessione filosofico-provocatoria e lo interroga su cosa sia – e dove sia – la musica: «La musica non si trova nel mezzo, nell’oggetto o nel gesto. La musica è “capire quale suono segue al suono precedente”. Il ruolo del compositore è quello di stabilire la relazione tra i suoni, nello spazio e nel tempo». Facendo un’interessante digressione sulla sua vita da avvocato, il pianista spiega la bellezza di trovarsi davanti a numerose personalità e vite diverse: «Facendo il penalista, mi trovo spesso a contatto con le persone e più di una volta mi è capitato di inserire nei miei brani alcune sensazioni che ho raccolto durante i miei momenti extramusicali. Penso che la vicinanza alle persone e a determinate personalità mi abbia aiutato a definire meglio la mia sensibilità». Dopo aver regalato al pubblico altri due toccanti brani, Anzovino conclude l’incontro proponendosi con un tono ironico ma umile, disdegnando l’autobiografismo più effimero, dal momento che «se un brano non piace – spiega – non vi piacerà nemmeno dopo che vi ho detto quanto abbia faticato per scriverlo».

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