Russi, il Rigoletto secondo Marco Baliani

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Attraversare i generi, rivisitare capolavori, intrecciare dimensioni espressive diverse, sperimentare e dargli nuova forma sul palcoscenico: a tutto questo Marco Baliani ha abituato il pubblico già da tanti anni, egli stesso attore ma anche regista e soprattutto drammaturgo, eppoi scrittore. Ma con quella porzione particolarissima del nostro teatro, nobile e popolare al tempo stesso, che è l’opera lirica forse non aveva fatto ancora i conti. Per questo allora il suo “Rigoletto”, sottotitolo “La notte della maledizione”, in scena questa sera al teatro Comunale, è una assoluta novità, e anche una vera e propria sfida ché mette l’attore e autore in relazione diretta con il monumento Verdi, e con uno di quei capolavori che sono parte dell’immaginario comune. E, seppure il lavoro sia nato sotto l’egida del teatro Regio di Parma, a scegliere il titolo, quindi il personaggio, del suo nuovo testo è stato proprio Baliani: «Questa è un’opera che mi ha sempre attratto molto e soprattutto in essa individuo una contraddizione che per me è il nucleo della vicenda, quella che segna la relazione tra padre e figlia. Lui come tutti i padri vorrebbe proteggerla dalle brutture del mondo, e per lei vorrebbe il meglio, un destino radioso senza difficoltà, ma la vita è più complessa... Così quando scopre che si è innamorata di un uomo che non la merita, di un poco di buono, ecco che scatta l’incomprensione. E scatta la tragedia. Naturalmente, il Rigoletto verdiano è del tutto rivisitato: vive in un circo, ora è un clown ma è stato un trapezista poi reso storpio dall’incidente nel quale, per colpa sua, è morta la moglie, mentre la figlia viene sedotta dal giovane dongiovanni detto il Duca, l’angelo del trapezio».

Dunque, la storia non è più ambientata nella corte cinquecentesca del Duca di Mantova ma in un circo. Cosa hanno in comune due realtà in apparenza tanto distanti?

«In un certo senso la corte è come un grande circo, una realtà di “rappresentanza”, dove dietro le formalità le persone covano vendette, gelosie, conflitti, invidie... Questo poi è un circo secondario, di periferia, di quelli che oggi non ci sono più, e la vicenda si svolge senza una data precisa, quasi in un non-tempo».

E la musica? Quale è il suo ruolo in un titolo che alla musica deve tutto?

«È affidata a una sorta di orchestrina del circo: la chitarra di Giampaolo Bandini e il bandoneon di Cesare Chiacchiaretta, che rivisitano le musiche di Verdi in funzione del nuovo testo, ma aggiungono anche qualcosa di Nino Rota, in omaggio al mondo circense di Fellini. Non si tratta però di un semplice accompagnamento, bensì di un dialogo che si instaura con la mia voce, con il flusso del mio monologo, e si struttura in una vera e propria forma drammaturgica. E mentre la musica risuona sulla pista, dove si susseguono gli artisti del circo, in camerino io, clown zoppicante, aspetto l’ultimo numero della serata, quello del trapezio, e intanto parlo di me, delle nostalgie e delle tristezze dello stare in scena, del nostro lavoro, e della fatica di aver tirato su una figlia da solo, una giovane stupenda, per la quale ho fatto tanti sacrifici e da cui mi aspettavo chissà cosa... e invece. Insomma, parlo delle amarezze che molti genitori vivono».

A proposito di genitori, un ultimo dettaglio: in Verdi, la maledizione è scagliata su Rigoletto da Monterone, un padre sofferente che egli ha deriso. Se l’è cercata insomma. E qui?

«Ad emergere è il suo lato cinico, quello di chi ha vissuto tutta la vita in secondo piano, e che in più ora fa i conti con un corpo ferito e invecchiato, non più all’altezza di quello giovane e prestante del Duca, il trapezista che ha sedotto sua figlia. E la maledizione è quella che la falsa zingara, che accoglie all’entrata il pubblico del circo, legge sulla sua mano: e diventa un’ossessione, un tarlo che lo tormenta per tutta la notte, e lo conduce al dramma finale». Che però, ancora, non sveliamo...

Lo spettacolo inizia alle 20,45.

Info: 0544 587641, www.comune.russi.ra.it; www.ater.emr.it.

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