Russi, futuro nebuloso per i dipendenti del Mercatone Uno

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Mercatone Uno: con lo sblocco dei licenziamenti ora partiranno le lettere di licenziamento collettivo. Fino a novembre proseguirà la cassa integrazione, dopo verrà attivata la Naspi per due anni e poi? Per le lavoratrici e i lavoratori del punto vendita di Russi non ci sono prospettive, visto che altre sedi dell’azienda di vendita di arredo sono state acquistate, singolarmente, da altre imprese. Al momento, però, non quella di Borgo Zampartino. E quindi i 45 occupati russiani sanno che, al momento, la loro sorte lavorativa è segnata. Circa una metà di loro si è infatti riorganizzata, con grande difficoltà. Infatti una stretta minoranza ha un contratto a tempo indeterminato. Molti hanno cercato di tornare a formarsi, pure in età lavorativa avanzata, o adattandosi ad altre mansioni, comunque con contratti di pochi mesi. Altri, nonostante gli sforzi, non si sono potuti ricollocare. E magari ora figurano fra gli inattivi, perché la ricerca con il mercato del lavoro odierno appare veramente improba. Non è un caso che questa casistica di lavoratori sia passata, nel 2020 in provincia di Ravenna, al 27,5% dal 26% dell’anno prima. Quasi raddoppiando, da indici fisiologici a significativi, in quelle fasce d’età che sono normalmente di “piena occupazione”.

Un caso emblematico

Il “caso di studio” Mercatone Uno diventa quindi particolarmente significativo per descrivere criticità sociali che, con lo sblocco della possibilità di licenziare, potrebbero emergere in maniera importante. «Bisogna essere sinceri, sul fronte Mercatone siamo riusciti a spuntare tutele in un primo momento anche insperate – ricorda Daniele Casadio, della segreteria Filcams Cgil –. Del resto parlavamo di lavoratori passati attraverso crisi susseguitesi in stretta successione, figlie di proprietà acquirenti senza serietà. Il decreto Genova, il Milleproroghe, ci consentirono di garantire la cassa integrazione e parametrata sul contratto reale, non quello di solidarietà sottoscritto con l’ultima fallimentare proprietà». Antonella ad esempio si è formata una nuova professionalità e ora lavora proprio in Cgil, erogando servizi per i lavoratori: «Una collega invece è andata a lavorare per un commercialista, una per una cooperativa, un’altra ancora in una azienda artigianale, altre hanno firmato contratti stagionali, in campagna o al mare. In molti casi, quindi, nulla che possa fornire certezze». Qualcuno invece, un avvenire lo trova più definito: «In tre sono state assunte da Conad, una invece ha vinto un concorso e lavora a scuola come personale Ata». Non manca però chi dopo ripetuti tentativi è preso dalla rassegnazione: «Teoricamente saremo tutti ricontattati dall’Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro – conclude Antonella –. Ma il contesto generale lo conosciamo tutti». E l’interrogativo su cosa rimarrà alla scadenza degli ammortizzatori si fa sempre più pressante.

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