Commercianti in difficoltà per le bollette alle stelle: Confcommercio, tramite il suo responsabile dell’area Rubicone, Paolo Vangelista, 57 anni di cui 33 passati nelle file dell’associazione, chiede più attenzione alle amministrazioni comunali verso le attività che tengono vivi i centri storici.
Strangolati dalle bollette
Negozi e altri pubblici esercizi stanno soffrendo in modo particolare per il rincaro delle bollette energetiche. La pandemia e la crisi dei consumi che ha portato con sé, a causa della forte contrazione di acquisti o cene fuori da casa, per fortuna sono ormai superate. Ma un nuovo tsunami si è abbattuto sulle aziende commerciali e sulle famiglie. A livello nazionale la situazione era già critica per il settore commercio, a causa degli acquisti online. Ora traballa pericolosamente. E se i titolari delle attività chiudono, si perdono anche posti di lavoro del personale dipendente. «I negozi che usano quotidianamente macchinari elettrici sono in ginocchio – denuncia Vangelista – Il costo delle bollette è triplicato in pochi mesi. Una macelleria della zona, per esempio, si è vista recapitare una bolletta mensile per energia elettrica attorno a 5.000 euro, che le ha azzerato gli incassi. Rispetto alle bollette triplicate, gli aumenti praticati dai commercianti sono stati poca cosa».
Abbigliamento in ginocchio
«Tra i settori più colpiti c’è quello dell’abbigliamento e dei relativi accessori – prosegue il rappresentante di Confcommercio – perché con le chiusure dovute alla pandemia sono esplosi gli acquisti online di vestiario. Non avendo spese fisse, chi ha un punto vendita solo virtuale può applicare sconti. Però così vengono a mancare completamente il contatto con il tessuto e la paziente consulenza del venditore. Ho notizia di acquirenti che vanno nei negozi di abbigliamento, provano i capi d’abbigliamento, li fotografano all’interno dei camerini di prova e poi non acquistano in negozio; poi, arrivati a casa, con taglia e marca precisa, acquistano su internet gli stessi articoli che hanno provato. Per questo motivo alcuni commercianti d’abbigliamento stanno pensando di far pagare un piccolo quid a quei clienti che provano i vestiti nei camerini e fanno lavorare le commesse, senza acquistare poi nulla in negozio».
Bar e ristoranti in ripresa
«Bar, ristoranti e pizzerie ora viaggiano un po’ meglio ma sono lontani i tempi d’oro – sottolinea Vangelista – hanno resistito durante i lockdown e nei periodi successivi, quando la diffidenza della gente era forte. Ora vediamo finalmente la ripresa per questo tipo di attività, anche perché c’è tanta voglia di stare assieme e il tempo passato serenamente a tavola è una festa. Nella nostra zona ci sono parecchie eccellenze nel mondo della ristorazione e anche licenze storiche. Magari si soffre la concorrenza sleale dei finti agriturismi, dove servirebbero maggiori controlli, per non svantaggiare chi segue le regole. Però adesso almeno bar e ristoranti lavorano. D’altronde, in Romagna si mangia bene come in nessuna altra parte d’Italia. Resta però un problema: i ristoranti ormai lavorano bene solo nei fine settimana. Bisognerebbe recuperare un po’ di clienti dal lunedì al giovedì».
Richiesta d’aiuto ai sindaci
«Le aperture di nuove attività di commercio in generale sono oggi pari allo zero – conclude Vangelista – Di positivo c’è che stanno tenendo tutte quelle esistenti. Il consiglio che diamo sempre ai nostri associati è quello di resistere a oltranza, ma voglio lanciare un appello anche alle amministrazioni locali. Le invito a essere più vicine alle attività del commercio, tenendo al minimo i tributi locali, la Tari e l’Imu. Bisogna inoltre favorire le iniziative di supporto, senza vincoli burocratici che scoraggino le imprese. I locali pubblici hanno una doppia valenza, economica e di tenuta sociale. Come associazione di categoria, incontriamo periodicamente gli amministratori locali e ricordiamo loro questa importante funzione delle attività commerciali».