Roncofreddo, stalking alla ex amante: condanna confermata

Cesena

Al processo in Corte d’Appello al tribunale di Bologna, prima sezione, presidente Orazio Pescatore, confermata la condanna di primo grado per stalking nei confronti della ex amante a imprenditore di Roncofreddo. La sentenza ha confermato integralmente in appello quanto deciso in primo grado in tribunale a Forlì nel novembre 2019: all’imprenditore sono state ora negate le attenuanti generiche. La Corte d’Appello ha anche mandato gli atti al pm per falsa testimonianza che sarebbe stata resa da un ex investigatore privato. L’imprenditore di Roncofreddo per questa vicenda era stato anche arrestato nel 2013 dalla polizia di Cesena ed era rimasto in carcere un paio di settimane. La vittima, tutelata dall’avvocato Filippo Poggi, aveva denunciato all’epoca quasi 7 mesi di persecuzione dall’ex amante al termine del loro rapporto extraconiugale. La loro relazione clandestina sarebbe finita tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, tra terme, cene e locali per scambisti dove ci sarebbe stato un incontro, ma solo per chiarirsi. In aula si è parlato in passato anche di uno dei nodi chiave del processo e cioè della mountain bike usata che sarebbe stata regalata dall’uomo alla donna e del gps che la vittima avrebbe trovato sotto la sua auto. In primo grado l'uomo era stato assolto da due imputazioni: dalla diffamazione per un filmato che ritraeva la sua ex con un altro uomo e dall’accusa di aver tagliato alla donna le gomme della macchina. Nel peso dalla sentenza erano stati messi sul piatto della bilancia da una parte la gravità di quanto commesso. Dall’altra il fatto che dopo l’arresto eseguito all’inizio inchiesta l’imprenditore aveva mantenuto rigorosamente le distanze dalla vittima, rispettando ogni prescrizione che man mano gli veniva imposta nel tempo, anche una volta scarcerato. A costare la condanna il gps che la vittima avrebbe trovato sotto la sua auto, riconducibile alla volontà dell’imputato di seguirne le mosse, che era collegato a una sim card che era in un tablet presente nei locali dell’associazione sportiva che ha visto prima lui e poi lei susseguirsi nel ruolo di presidenti. Ma anche tanti messaggi dal pesante tenore le cui tracce erano presenti ripetutamente sia sullo smartphone della vittima che dell’accusato e infine l’utilizzo per un lungo lasso di tempo di un investigatore privato.

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