"Romagna, piattaforma strategica anziché un’arena competitiva"

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Amir Spa da oltre 50 anni amministra il prezioso patrimonio di infrastrutture (reti, impianti e immobili) affidatole da Rimini Holding Spa e dai Comuni soci: 28 fra la provincia di Rimini e le aree di confine delle Marche, cui si aggiunge la Repubblica di San Marino. Lo fa investendo le risorse a favore dei cittadini e dell’ambiente, realizzando così un vantaggio per l’utenza in termini tariffari e con un valore sociale aggiuntivo: le opere finanziate dalla società proprietaria degli asset fanno cioè capo a un soggetto interamente pubblico fin dalla loro realizzazione.

A illustrarne lo stato di salute è l’amministratore unico Alessandro Rapone, in un momento chiave per il settore in Romagna e per lo stesso futuro di quella che è stata la prima municipalizzata di questo territorio.

Rapone, prendiamo come riferimento l’ultimo bilancio approvato, quello 2019: si chiude ancora una volta in utile e con una bella somma distribuita agli enti pubblici soci

«Rispecchia lo stato di salute di Amir, si caratterizza per un utile netto pari a 206.857 euro, un valore di produzione di 2,7 milioni e un margine operativo lordo di 2,4 milioni: circa due milioni e mezzo distribuiti agli enti pubblici soci – sarebbero stati ancor di più senza un contenzioso sulla terza corsia autostradale – e oltre sette milioni e mezzo impegnati in interventi da effettuarsi fra il 2020 e il 2023. I principali indicatori confermano l’equilibrio economico-finanziario che ci caratterizza. L’azienda è solida e continua a produrre utili. Per quanto riguarda la gestione caratteristica si tratta di 1,4 milioni nel 2019, a fronte di 1,2 milioni del 2018».

Come sono stati suddivisi?

«Circa 1,8 milioni sono andati al Comune di Rimini, che attraverso Rimini Holding Spa detiene il 75% dell’azienda. Quindi in quota parte, prendendo in rassegna le principali partecipazioni, 200.000 euro a Santarcangelo, 104.000 a Bellaria-Igea Marina, 67.000 a Verucchio, 50mila a Coriano, 21.000 a Morciano, 19.000 a Poggio Torriana, 15.000 a Montescudo – Monte Colombo, 13.000 a San Clemente, 12.000 a Riccione… A conti fatti, negli ultimi tre anni, Amir ha erogato risorse per circa 4,2 milioni. All’occorrenza riducendo il proprio capitale sociale (0,5 milioni a fine 2018), ad oggi comunque un patrimonio pubblico importante dal valore di 47,7 milioni».

Molto corposo come detto anche il capitolo investimenti per 7.6 milioni. Come stanno procedendo?

«In questa congiuntura non semplice, Amir è riuscita a consolidare la propria mission, continuando a finanziare opere indispensabili alla riqualificazione del servizio idrico integrato e nell’ambito della pianificazione coordinata dall’ente regolatore Atersir, ha programmato 7,6 milioni di investimenti tra 2020 e 2023. Gli interventi di risanamento ambientale concordati interessano tutto il territorio di riferimento, dalla Valconca alla Valmarecchia. Fra gli altri, è stato finanziato con 6 milioni di euro e cantierizzato anche il maxi-intervento per la separazione della rete fognaria nella zona di Rimini nord, in corrispondenza dei bacini delle fosse Brancona e Viserbella, operazione integrata al Piano di Salvaguardia della Balneazione».

Con la gara europea indetta da Atersir da 2 miliardi di euro per la gestione del servizio idrico integrato per un periodo di 20 anni che sarà di Amir?

«Distinguiamo i ruoli e i soggetti: il gestore del servizio è stato finora Hera, aspettiamo a breve l’ufficializzazione dell’esito della gara. La nostra funzione è diversa, in quanto noi siamo proprietari delle reti. Per quanto attiene al futuro, i nostri azionisti hanno delineato un percorso di razionalizzazione in Romagna Acque – Società delle Fonti che riguarderebbe non solo Amir, ma anche altre quattro aziende patrimoniali delle tre province romagnole. La sua realizzazione farebbe seguito all’incorporazione del 2005, quando Rimini cedette alla società con sede a Forlì le fonti di approvvigionamento, in totale circa 60 pozzi pubblici sparsi sul nostro territorio. Questa volta invece si tratta di conferire reti acquedottistiche, di fognatura, nonché impianti di depurazione».

Quindi è già tutto deciso?

«I nostri enti proprietari hanno individuato un tracciato sul piano generale, restano ancora da definire aspetti relativi alla valutazione societaria ed al perimetro degli oggetti di conferimento, che non sono propriamente dei dettagli».

Questo progetto dunque conferma una tendenza in atto del rafforzamento della cosiddetta area vasta romagnola?

«In questi ultimi anni si è innescato un processo convergente sia dall’alto, con la regia della Regione, sia dal basso, con la spontanea presa d’atto dei diversi attori istituzionali, attraverso il quale si stanno via via affermando forme di aggregazione dei centri decisionali declinate su base sub regionale, nel campo dei servizi pubblici come in quello della rappresentanza economica. Sul piano pubblico, oltre al settore idrico di cui stiamo discutendo, si sono realizzate sinergie su servizi strategici, come la AUSL unica della Romagna in campo sanitario, la società dei trasporti Start Romagna, la Destinazione Romagna nell’ambito della promozione turistica (allargata anche a Ferrara). Diversi sono invece i dossier relativi a Fiera, aeroporto, Camera di Commercio, Centro agro-alimentare e Università, che stanno evolvendo in base a dinamiche specifiche, a riprova del fatto che il soggetto Romagna sia ancora in divenire e dai connotati a geometria variabile. Anche nel campo privato intanto, abbiamo registrato importanti aggregazioni, da Confindustria Romagna al comparto cooperativo, fino al mondo dei sindacati, a testimonianza di come la società civile stia prendendo coscienza di un comune sentire».

Questo scenario induce a riflessioni ad ampio raggio.

«Certo, a quasi trent’anni dall’istituzione della Provincia di Rimini, il tema di una gestione integrata delle infrastrutture nevralgiche e dei relativi asset patrimoniali di questo territorio è ormai maturo. In particolare, oggi si pone la questione di quale ruolo la città di Rimini e il suo territorio di riferimento intendono interpretare nell’ambito della cosiddetta area vasta romagnola. Questo processo delinea sicuramente uno spartiacque nel quale occorre definire una linea di condotta per trarre vantaggio dalle economie di scala ma al tempo stesso non disperdere patrimoni e competenze costruiti con le risorse economiche ed umane delle nostre città nel corso degli anni».

Decisioni condivise non sembrano sempre scontate, considerando i diversi colori politici di molti Comuni…

«Per inserirsi in questo percorso con le migliori potenzialità è fondamentale che, da un lato il Comune capoluogo possa esercitare una funzione propulsiva e che al contempo tutti gli altri 24 Comuni della Provincia di Rimini possano partecipare con spirito collaborativo. Il tutto finalizzato a una sintesi e non a una gerarchia istituzionale. Questo confronto dovrebbe auspicabilmente avvenire a prescindere dalle differenti sensibilità delle maggioranze politiche in carica, che per definizione sono transitorie, mentre gli interessi territoriali sono permanenti: in gioco infatti ci sono le prospettive del nostro sviluppo. Le similitudini fra Rimini e Riccione ad esempio, sono ben maggiori di quanto questi stessi comuni non possano avere rispetto a realtà come Forlì o Ravenna e se vogliamo che la Romagna diventi una piattaforma strategica anziché un’arena competitiva dobbiamo presentarci con una visione d’insieme, valorizzando le infrastrutture vitali per la nostra economia».

Insomma, un appello all’unità del territorio riminese.

«Soltanto con questo approccio l’area riminese potrà dare un contributo effettivo e duraturo alla costruzione della “Metropoli diffusa” Romagna, dove ogni realtà potrà ri-conoscersi, vedendo contemplate le proprie rispettive vocazioni e specializzazioni, premessa imprescindibile per una collaborazione efficace all’interno di un progetto di modernizzazione».

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