Rita Marcotulli a Cesenatico: «Con Servillo e gli altri omaggiamo Celentano, ma in chiave jazzata»

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CESENATICO. Stasera giovedì 13 febbraio alle 21, al teatro Comunale di Cesenatico, si ascolta “Memorie di Adriano” con la voce di Peppe Servillo e un quintetto di musicisti noti quali l’argentino Javier Girotto al sax, la tromba di Fabrizio Bosso, il contrabbasso di Furio Di Castri, il pianoforte di Rita Marcotulli, la batteria di Mattia Barbieri. Insieme ridanno vigore agli evergreen di Adriano Celentano, in particolare alle canzoni composte nella prima fase di carriera, i cosiddetti successi del Clan di Adriano Celentano.
Peppe Servillo si è ispirato al romanzo di Marguerite Yourcenar per il titolo del concerto che celebra il “molleggiato” quando collaborava con Don Backy, Ricky Gianco, Demetrio Stratos. Un gruppo e un’epoca che hanno lasciato un segno indelebile nella canzone italiana in quei Sessanta, ispirandosi un po’ al rock di Elvis Presley e un po’ al soul di Wilson Pickett e Ben King.
Marcotulli, lei con gli altri musicisti è coinvolta da Peppe Servillo in progetti dedicati a Celentano, Modugno, Battisti, che rivisitano canzoni italiane famose. Da musicista jazz come li vive?
«Da ormai una decina d’anni affrontiamo insieme questa formula che funziona bene; ci conosciamo da tanto, abbiamo suonato e collaborato in altre formazioni, e fra noi davvero si è creata una famiglia di musicisti. C’è un’alchimia particolare che ci fa divertire e stare bene insieme, ci siamo scelti, e questa nostra famiglia di musicisti si arricchisce ogni volta che saliamo sul palco».
Quindi anche la musica leggera può essere stimolante?
«Lo è quando, come in questo caso, possiamo riarrangiare le canzoni, anche in chiave improvvisata. Diciamo che ce le cuciamo addosso. Certo è una sfida e ci fa piacere constatare che il pubblico apprezza anche la nuova veste che diamo ai brani. Perché non facciamo cover, affrontiamo i pezzi da un altro punto di vista. L’idea è di avvicinare un pubblico più popolare, non solo quello del jazz; un progetto come questo pero può sollecitare il pubblico all’ascolto di altre forme musicali».
Quali sono i brani in scaletta e come li avete rivisitati?
«Ognuno di noi ha arrangiato un pezzo; ad esempio “Azzurro” l’ha elaborato l’argentino Girotto con vena latina; “Stai lontana da me” è diventato quasi uno standard jazz, poi c’è la melodia, poi diventa un blues minore. Si ascoltano anche “Ventiquattromila baci”, “Il ragazzo della via Gluck” che acquista una vena sospesa tra sogno e ricordo, “Un albero di trenta piani”… Sono una dozzina i brani proposti non nella semplice forma canzone, ma con un concerto vero e proprio, con Peppe Servillo che canta e noi suoniamo».
Nel giro dei musicisti jazz lei è fra i pochi nomi femminili di cartello. Succede perché poche pianiste si dedicano al jazz o perché è più difficile emergere al femminile?
«Chissà (sorride) forse come canta Paolo Conte “alle donne non piace il jazz”. All’inizio era anche un fatto culturale, il jazz si faceva nei club notturni luoghi considerati poco femminili. Adesso tutto è cambiato, le donne suonano ovunque qualsiasi strumento. Certo la musica jazz vuole rompere gli schemi, è anche un modo di vita, di vedere le cose, di approfondirle. Io cominciai nel 1980, mi incuriosiva improvvisare. Sono stata anche molto fortunata, per avere potuto suonare con musicisti leggendari. Fortunatamente la musica, come l’arte, è un’emozione che prova sia un uomo che una donna. Sfido chiunque a mettere un cd e riconoscere se è un uomo o una donna che suona!».
Euro 15-10.
Info: 0547 79274

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