«Vogliamo aprire un conto corrente a Francesca Albanese ma le sanzioni degli Usa ce lo impediscono»

RIMINI. Finita nella lista dei cattivi del governo di Trump non può aprire un conto corrente, non può avere una carta di credito e non può ricevere lo stipendio. L’italiana Francesca Albanese, dal 2022 relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, ha più volte parlato di genocidio del popolo palestinese, ma le sue posizioni non sono piaciute al governo degli Usa che a inizio luglio ha aggiunto il suo nominativo all’ambito di applicazione delle sanzioni decretate contro la Corte penale internazionale per aver sostenuto l’apertura di un’inchiesta contro Benjamin Netanyahu. Albanese è accusata di fomentare l’antisemitismo e di esprimere sostegno al terrorismo nel disprezzo di Usa e Israele. L’operatrice dell’Onu ha provato anche ad aprire un conto corrente presso Banca Popolare Etica ma con grande sorpresa persino la banca che fa dell’etica la sua missione ha scoperto che ha le mani legate. Nei giorni scorsi il direttore generale di Banca Etica, il riminese Nazzareno Gabrielli, 62 anni, ha spiegato al Senato organizzata dall’intergruppo parlamentare per la pace tra Palestina e Israele questo strano caso di sovranità finanziaria che non c’è.
Gabrielli, ma proprio voi che siete per la finanza etica dovete dire di no ad Albanese?
«La notizia che Francesca Albanese voleva aprire un conto corrente presso Banca Etica ci aveva reso orgogliosi perché crediamo sia una persona stimabile e assolutamente da sostenere per quello che fa e come lo fa. Banca Etica lavora per una finanza al servizio della pace e dei diritti umani e siamo terribilmente affranti per quello che sta avvenendo in Palestina. E’ stato molto triste rendersi conto che non era possibile aprire il conto alla dottoressa Albanese. Abbiamo impiegato alcune settimane di studio approfondito per sondare tutta la normativa e le possibili ripercussioni, perché la volontà è quella di aprirle un conto corrente, ma le sanzioni USA che l’hanno colpita rendono impossibile farlo. Il provvedimento parte dall’ordine esecutivo di Trump che, oltre a Francesca Albanese, ha colpito anche alcuni giudici della Corte penale internazionale ritenute persone sgradite al governo degli Stati Uniti. Il provvedimento dell’amministrazione degli Stati Uniti di fatto inserisce queste persone tra quelle segnalate ai fini dell’antiriciclaggio e dell’antiterrorismo. L’inserimento in queste liste ha impatti immediati nel sistema bancario perché queste liste vanno verificate costantemente per l’apertura di nuovi rapporti o rapporti in essere. E’ un automatismo. Gli Stati Uniti bloccano quel nominativo e in base agli accordi anche gli altri Stati devono fare altrettanto».
All’atto pratico cosa non può fare Albanese?
«Non può essere titolare di un rapporto di conto corrente o di servizio bancario come quello della carta di credito (che tra l’altro utilizzano circuiti statunitensi). Non può ricevere lo stipendio; non può recarsi negli USA nonostante abbia delle proprietà lì, di cui attualmente non può disporre. Basti pensare che sua figlia è cittadina americana e - nel caso si offrisse di fare la spesa per la madre - rischierebbe sanzioni fino a 20 anni di carcere e multe anche di un milione di dollari negli Usa, come ha raccontato la stessa dottoressa Albanese».
Quindi nella migliore delle ipotesi potrebbe aprire un conto corrente ma non avere la carta di credito perché ha circuiti Usa?
«Non solo ma anche le transazioni in dollari sarebbero comunque soggette a blocchi. Purtroppo fintanto che è iscritta in quelle liste c’è un blocco operativo. Se pure aprissimo il conto, aggirando forzatamente il blocco automatico, il conto non potrebbe comunque operare e Banca Etica sarebbe oggetto di sanzioni secondarie perché in qualche modo la nostra Banca sarebbe identificata come banca che lavora a sostegno di una persona iscritta in quelle liste. Sia chiaro: noi comprendiamo a pieno il valore delle normative antiriciclaggio e antiterrorismo. Banca Etica chiedeva ai clienti la provenienza dei fondi ancor prima che le normative antiriciclaggio esistessero. Ma quando le normative pensate per bloccare i terroristi vengono applicate a funzionari dell’Onu per aver svolto il proprio lavoro, allora siamo davanti a un problema seri»..
E cosa si può fare?
«Banca Etica con altri soggetti ha avviato interlocuzioni presso le Istituzioni pubbliche - uniche che potrebbero intervenire efficacemente - chiedendo che vengano presi provvedimenti che permettano di superare l’attuale situazione. Ci sono dei dispositivi normativi dell’Unione Europea che possono bloccare la valenza extra-territoriale di alcuni provvedimenti dell’amministrazione USA, come in questo caso. Ma serve un’attivazione della politica europea».
Quindi in ambito finanziario dipendiamo completamente dagli Usa?
«Alcuni servizi finanziari imprescindibili anche per le banche europee sono oggi erogati quasi esclusivamente da aziende statunitensi: le carte di credito sono un esempio, ma parliamo anche di alcuni sistemi di pagamento interbancario per i pagamenti all’estero. Attraverso queste multinazionali le sanzioni decise dall’amministrazione Usa finiscono per essere vincolanti anche in Europa e in Italia. Come è successo in questo caso».
Un po’ alla volta in questi anni stiamo scoprendo il valore di essere indipendenti...
«In generale non è proprio sano dipendere al 100% da un paese terzo per i sistemi di pagamento. E’ un tema di salvaguardia, di diversificazione. Ecco perché si parla per esempio di euro digitale».
Non vi aspettavate una situazione di tale impotenza?
«No, è stata davvero una constatazione triste. Solo qualche settimana fa il Parlamento italiano parlava del diritto di qualsiasi cittadino di aprire il conto corrente...».
Quali sono i numeri di Banca Etica oggi: sportelli, dipendenti, soci, clienti?
«Banca Popolare Etica ha aperto il primo sportello l’8 marzo del 1999 a Padova (dove ha sede centrale). Oggi conta 22 sportelli in Italia e 3 in Spagna. In Romagna c’è un ufficio operativo a Rimini da oltre 20 anni). I soci sono quasi 50mila e abbiamo oltre 120mila clienti fra Italia e Spagna. Abbiamo circa 500 dipendenti, un numero che è aumentato molto negli ultimi anni, che lavorano per sviluppare una finanza che ripudia il business dei conflitti bellici e la distruzione ambientale e promuove all’opposto una finanza al servizio del pianeta e delle persone che lo abitano».