«Vi veniamo a prendere da casa», «se non prendiamo voi prendiamo i vostri figli», «ricordatevi che ci seguono criminali della Camorra», «vi dovete gettare sotto un treno» e «vi siete fatti dei cattivi nemici». Sono solo alcune delle minacce che per quattro mesi due tiktoker lanciavano ogni giorno sui loro profili durante video e dirette nei confronti di un 50enne napoletano e di una 45enne di Reggio Emilia. Decine di ore di filmati, anche di notte, con nomi e cognomi, fotografie, luoghi di residenza e di lavoro, invitando anche i follower ad andarli a prendere. Gli stessi stalker che poi, davanti al loro pubblico, si professavano invece paladini della giustizia a sostegno delle donne vittime di violenza.
Una persecuzione brutale e infamante sui social che ha spinto i due, difesi dall’avvocato Arnaldo Bernini del foro di Torre Annunziata, a tentare addirittura il suicidio, salvo per fortuna desistere anche per l’amore verso i loro figli, alcuni minori. Al termine delle indagini la Procura di Napoli, nella persona del pm Paolo Martinelli, ha preso una decisione sensibile quanto storica per il nostro Paese in materia di atti persecutori via web, grazie anche all’avvallo del gip, ovvero quella di disporre la misura cautelare del carcere nei confronti dei due tiktoker. Per uno di loro, un 60enne riminese già noto alle forze dell’ordine, sabato si sono così aperte le porte dei Casetti dove si trova tuttora in attesa dell’interrogatorio di garanzia. L’altro, invece, con più di 200mila follower sui social, al momento si è reso irreperibile. Nel suo ultimo video, commentando l’arresto dell’amico, avrebbe però affermato che ormai la giustizia italiana è arrivata all’assurdo, con i colpevoli liberi e gli innocenti in carcere.