«Uno bianca, il muro di omertà continui a crollare per la ricerca della verità». Appello dei familiari delle vittime del Pilastro


BOLOGNA. A distanza di anni resta «un interrogativo inquietante»: perché «i poliziotti della banda Savi avevano pianificato un agguato a tre giovani carabinieri» uccisi in quella che oggi è passata alla storia come la ‘strage del Pilastro’ a Bologna (era il 4 gennaio del 1991) in cui persero la vita I militari dell’Arma Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini. Per i loro familiari, quelle morti sono tutt’oggi «una ferita ancora aperta nel nostro paese perché conosciamo solo alcuni esecutori materiali di quell’eccidio». Ed è per questo che, oggi nel giorno in cui si commemora a Bologna la ‘strage del Pilastro’, i familiari dei tre carabinieri tornano a dire che manca e serve una verità completa.
«Difficile non pensare, di fronte a tanta efferatezza, caratterizzata da una precisa pianificazione e dalla determinazione ad uccidere, che quella del Pilastro fu una strage esemplare, un colpo allo Stato, un’azione con un significato che riporta alla memoria le grandi stragi che hanno insanguinato il nostro paese», scrivono i familiari in una nota diffusa oggi in cui ricostruiscono quella sera. E rilanciano il loro impegno e la loro richiesta di verità completa, non nascondendo che la strada resta in salita. Nel cercarla «abbiamo incontrato diffidenza e dichiarazioni depistanti, ma noi continueremo a perseguire il nostro obiettivo per una verità completa, a partire dall’arresto dei Savi, che avvenne, secondo l’allora ministro dell’interno grazie ad una segnalazione diretta (una notizia confidenziale). Chi è questo sconosciuto confidente che fece quelle importanti dichiarazioni? Era legato ai Savi?». Ci sono dunque ancora punti oscuri, ma «siamo fiduciosi che il lavoro dalla Procura di Bologna darà i suoi frutti ed auspichiamo che il muro di omertà, che aveva ostacolato la ricerca della verità, continui a crollare».
Lo scorso anno, insieme ad alcuni familiari delle vittime, i parenti dei tre Carabinieri uccisi al Pilastro hanno presentato un esposto (con gli avvocati Alessandro Gamberini e Luca Moser) indirizzato alle Procure di Bologna, Reggio Calabria ed alla Procura nazionale antiterrorismo. Un esposto corredato di un articolata documentazione «con la quale abbiamo chiesto ed ottenuto dalla Procura di Bologna la riapertura delle indagini, tuttora in corso. Tanti sono i lati oscuri da chiarire di questi sette anni di terrore, come per la strage del Pilastro, un agguato premeditato in ogni dettaglio, ‘una trappola’ la definì uno dei Savi nel corso di un interrogatorio». Dunque, è «doveroso ricercare le responsabilità sui depistaggi e le connivenze di tutte e 103 azioni compiute dalla banda della Uno bianca, lo si deve a tutti i feriti ed i caduti di questi sette lunghi anni di terrore, ma soprattutto perché eventuali complici e mandanti ancora liberi rappresenterebbero una seria minaccia per la democrazia del nostro paese».