Spiagge, il Comune di Rimini fa le pulci al decreto «Parte dei canoni resti sul territorio»
Un decreto, quello sulle concessioni balneari emanato il 16 settembre scorso dal governo Meloni, che non piace a nessuno. Ai bagnini, che lo hanno criticato subito dopo la sua pubblicazione. E ai Comuni che, ieri, dopo una quindicina di giorni, hanno lamentato carichi di lavoro supplementari per i propri uffici, spese in aumento non previste e nessun ritorno economico per le proprie casse. Tutto per via dei bandi pubblici per la gestione delle spiagge che dovranno essere redatti entro giugno 2027, come prevede il provvedimento governativo, e sui quali dovranno lavorarci le amministrazioni locali.
La penna rossa del Comune
Eloquente la richiesta avanzata da Palazzo Garampi: parte dell’incasso derivante dai nuovi canoni concessori, che ogni vincitore di bando dovrà versare allo Stato, deve rimanere a Rimini. Sottolinea l’amministrazione Sadegholvaad: «Abbiamo trasmesso ad Anci un documento che raccoglie alcune proposte, peraltro condivise dall’associazione dei Comuni, di emendamento al decreto legge “disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime”. Proposte che come priorità hanno la necessità di destinare una quota dei canoni demaniali agli enti concedenti». Tradotto, lo Stato non tenga per sé tutto l’incasso derivante dai nuovi affitti (che entro marzo 2025 dovranno essere fissati dal ministero delle Infrastrutture con un altro decreto), ma lasci una parte alle amministrazioni.
«Finora solo oneri»
Spiega, infatti, Palazzo Garampi: «La richiesta nasce da una constatazione: ad oggi gli enti locali che gestiscono le concessioni demaniali marittime sono chiamati unicamente a sostenere oneri poiché il canone concessorio derivante è incassato per conto dello Stato. Mentre lasciando una quota sul territorio si potrebbero portare avanti progetti di riqualificazione e rigenerazione che permettano la valorizzazione del demanio e contestualmente la crescita dell’attrattività dell’offerta turistica complessiva». Aggiunge l’assessora al Demanio, Roberta Frisoni: «Gli enti locali sono in prima linea in questa riforma ed è necessario che lo Stato tenga in considerazione lo sforzo a cui saranno sottoposti nei prossimi mesi. L’emendamento vuole proprio portare alla luce la necessità di far sì che gli enti locali possano avere a disposizione le risorse necessarie oltre che per adempiere a tutte le complesse procedure richieste dal percorso di evidenza pubblica, anche per dare corso a ciò che avverrà dopo i bandi, accompagnando cioè gli interventi che auspichiamo si attiveranno per migliorare la fruibilità, la messa in sicurezza e l’accessibilità degli arenili». Va detto, infatti, che l’attività di gestione delle concessioni, su delega della Regione che ha la competenza in materia, «implica per i Comuni il farsi carico attraverso proprio personale di responsabilità gestionali e contabili, oltre ai costi connessi alla gestione e ai ricorsi giudiziari, che sono molteplici essendo materia complessa anche alla luce di questa stratificazione di competenze».
Insomma, un ruolo da tramite per lo Stato che comporta oneri a cui però non corrisponde alcun ritorno economico. «Anche il nuovo decreto legge - chiosa Palazzo Garampi - non prende in considerazione il ruolo fattivo e il carico in capo agli enti locali: è infatti specificato che il concessionario che dovesse subentrare a quello attuale sarà chiamato a corrispondere interamente allo Stato anche l’eventuale maggiore importo offerto in sede di gara. Ancora una volta dunque si tratta di entrate ad esclusivo beneficio dello Stato».