Il sindaco di Rimini: diritto di voto ai ragazzi di Fridays for future

Rimini

RIMINI. Quando si sono affacciati sulla scalinata di piazza Cavour, ieri mattina, i bambini di quinta elementare della scuola Madre Teresa di Calcutta non hanno tradito neppure un pochino di emozione di fronte a oltre tremila ragazzi di tutte le scuole superiori della provincia. In dieci, uno dopo l’altro, hanno gridato alla piazza attraverso un microfono che «vogliamo vivere», che «dobbiamo salvare il pianeta», che «non dovete ucciderci il futuro». Hanno fatto sciopero anche loro, all’età di nove o dieci anni, per «fare cambiare idea ai grandi». Se ci riusciranno «lo scopriremo solo vivendo», come cantava Battisti, «comunque adesso ho un po’ paura». La paura c’è eccome. Sta tutta nella ghigliottina del conto alla rovescia, quei pochi anni che ci separano dal punto di non ritorno, il momento in cui «per il pianeta non ci sarà più niente da fare».

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Tanta paura ma anche tanta speranza perché questo sciopero globale per il clima, il terzo, oltre ad avere portato ancora più studenti a manifestare, è anche quello della maturità, della piena consapevolezza dei protagonisti. Basta guardarli in faccia questi ragazzi per capire che ci credono eccome, che non hanno lasciato i banchi «per una bigiata di massa», come ha tentato di liquidarli Salvini, ma perché sanno che «se vogliamo un futuro ce lo dobbiamo prendere adesso», «lo dobbiamo pretendere».
L’ottimismo, per esempio, sta nel sorriso solare di Maide, 19 anni, diplomata al liceo Einstein e ora al primo anno di Scienze internazionali e diplomatiche. La domanda la pone lei quando mancano pochi minuti alle nove e al centro studi di Rimini sta per partire il corteo di Fridays for future: «Siamo preoccupati, certo, ma come possiamo non essere ottimisti? In meno di un anno di lotte abbiamo già ottenuto moltissimo». Maide elenca uno dopo l’altro i successi di Fridays for future, piccoli grandi passi nella direzione di un futuro possibile. «Il premio Nobel alternativo assegnato a Greta Thunberg la dice lunga - argomenta -. Stiamo smettendo di comprare le bottigliette di plastica per bere, ci alimentiamo in maniera più sostenibile. Uno dopo l’altro i nostri comportamenti stanno cambiando. Prendiamo il cosiddetto fast fashion, gli abiti a poco prezzo, quasi usa e getta: stiamo comprendendo, anche se in questo caso con un po’ di fatica in più, che possiamo farne a meno, che sono sufficienti meno abiti, magari più duraturi».
Le difficoltà arrivano a casa, quando si ritrovano nel piatto della carne con una frequenza eccessiva, quasi tutti i giorni. «Non è semplice fare capire ai genitori che certe abitudini alimentari non ce le possiamo più permettere».
La logica da sovvertire sta tutta in uno delle decine e decine di cartelli preparati dagli studenti che dal centro studi sfilano in corteo fino a piazza Cavour: «Comprano, divorano, distruggono». Un consumismo scellerato che fa terra bruciata del pianeta Terra, che in nome del presente si sta, appunto, per divorare il futuro. È palese lo scontro generazionale in corso, tra chi non riesce a cambiare nulla e chi invece ieri mattina ha gridato, scandendolo come un coro da stadio, per le vie di Rimini e in tutto il mondo, «stop- climate-change».
«Dovremmo essere uniti e invece siamo ancora divisi», si rammarica Simone, 34 anni, tecnico informatico che ieri ha rinunciato a una giornata di lavoro per stare al fianco dei ragazzi. «Questi giovani non stanno facendo i capricci, stanno solo chiedendo di non uccidere il pianeta in cui viviamo tutti». Concetti che sono sintetizzati nei cartelli esposti lungo via Fada, in via Flaminia e in via XX Settembre e Corso d’Augusto: «Cambiamo il sistema non il clima». E poi, tanto per dare un nome a chi si sta macchiando di una colpa estrema e rendere omaggio a chi ha dato l’abbrivio a questo enorme movimento mondiale, «Bolsonaro criminale, Greta al Viminale», «meno Amazon, più Amazzonia», «your house is on fire».
Mentre i ragazzi marciano verso la piazza del municipio al grido di «il-mare-si-alza-e-noi-scendiamo-in-piazza», lo scontro generazionale si consuma sui social network, dove i “grandi” ironizzano su chi manifesta («andate a lavorare se non avete voglia di studiare») dimostrando in tanti casi di non avere la più pallida idea del fatto che, tanto per dirne una, l’inquinamento dipende in buona parte dagli allevamenti intensivi. «Scusate, ma cosa centra la carne con l’inquinamento?», il livello dei commenti sulle pagine Facebook del circondario ai post sullo sciopero.
L’approdo in piazza, quella vera e non virtuale, regala un colpo d’occhio che dà tanta speranza ai ragazzi di Fridays for future Rimini che hanno trascorso un anno impiegando ogni attimo del proprio tempo libero affinché il seme gettato da Greta germogliasse anche qui in Riviera. Migliaia di ragazzi, centinaia di cartelli, 52 bimbi dell’asilo La rondine accompagnati dalle maestre, 10 bambini della scuola elementare Madre Teresa di Calcutta che poi coraggiosamente prendono tutti la parola sui gradoni, decine di ragazzini della media Dante Alighieri che con i loro strumenti musicali regalano la colonna sonora della manifestazione.
Al microfono si alternano ragazzi che tranne qualche eccezione hanno sì e no vent’anni. Raccontano di rinunce e di conquiste, citano Greta a memoria («Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no»), mandano a dire «ai potenti» che «non ci accontenteremo del contentino»).
Politici e sindacalisti se ne vedono pochi, quasi tutti di sinistra. Restano in disparte, tra la folla, niente bandiere. Il sindaco Andrea Gnassi scende dal suo ufficio e si mescola tra i ragazzi. Insieme al segretario provinciale del Partito democratico Filippo Sacchetti ne apprezza l’«entusiasmo», «la consapevolezza», «la coscienza collettiva che finalmente sta tornando nelle scuole». Gnassi la butta lì, «io questi ragazzi li farei votare», nonostante siano minorenni. «S’informano, ragionano, scelgono». Un cartello sembra dargli ragione: «Non si è mai troppo piccoli per fare la differenza».

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