San Leo e il caso delle greggi sotto attacco dei lupi: “Costi per le carcasse superiori ai contributi”

«Gli attacchi dei lupi contro le greggi? Il costo per la rimozione e lo smaltimento delle carcasse è superiore ai rimborsi previsti». Oltre al danno la beffa. Mai come stavolta quest’espressione è adatta a rappresentare la situazione paradossale con cui fanno i conti gli allevatori della Valmarecchia. L’esasperazione, a giudicare dalla testimonianza del 57enne Olimpio Fontana (da una vita allevatore di capre a San Leo) è l’emozione che prevale in un turbinio difficile da raccontare. Il motivo? Ha visto ridursi a neanche una quarantina gli oltre 50 capi del suo gregge con un danno che solo dal 2024 a oggi ammonta a circa 5mila euro, ma nel mirino dei predatori sono finiti anche pecore e asini mentre il montone è stato portato via «di peso» dalla stalla.
L’allarme
«Sto montando le recinzioni elettrificate - segnala l’allevatore - ma non è detto che costituiscano un deterrente visto che i lupi riescono spesso a oltrepassarle o danneggiarle. Parliamo di animali astuti e il tempo non gioca a nostro favore. Bastano pochi secondi perché si consumi un attacco in piena regola». Detto questo, ricorda a chi mastica poco la vita agreste che le greggi devono pascolare: non possono essere chiuse h24 nelle stalle né piazzate sotto una campana di vetro. Quanto alle carcasse, comporterebbero l’ulteriore calvario sia quando gli animali predati non vengono rinvenuti, rendendo così impossibile la richiesta di contributi e aggiungendo altro dolore alla perdita di creature a cui si ci affeziona, sia quando ci comprende che il costo per spostare e smaltire le carcasse secondo le regole è un salasso. «Se smaltire costa cento – dice - i contributi di compensazione ammontano alla metà e tardano ad arrivare». Insomma, secondo la sua esperienza, la situazione è sfuggita di mano e nell’ultimo anno si registra «un inasprimento degli assalti». Quanto ai corpi straziati, il lupo esegue un lavoro chirurgico scartando, a seconda dell’animale bersagliato, solo quanto non gli aggrada «come lo stomaco degli erbivori o i testicoli dei maschi da cui si ricava lana merinos». Su questi ultimi esemplari, nota, le zanne dei lupi compiono una tosatura in piena regola seminando lana nei campi. Morale? Di notte bisogna stare svegli ma la sorveglianza non può prolungarsi a oltranza, «perché - ricorda ancora il 57enne - ogni giornata prevede anche lavori agricoli o manutenzioni. Eppure siamo arrivati al punto di fare la guardia al lupo e non alle pecore». Nonostante tutto, però, non esacerba i toni affermando di non avercela con nessuno e di non odiare i lupi che seguono semplicemente il loro istinto, ma punta i fari sull’urgenza di trovare soluzioni di contenimento o allontanamento di questa specie. Le aziende sono in ginocchio, tira le fila, e in tanti gettano la spugna, perché non è ancora entrata in vigore in Italia la decisione presa dal parlamento europeo nel maggio scorso, quando ha declassato il lupo da specie “rigorosamente protetta” a “protetta”. «Ci sentiamo abbandonati», non la manda a dire notando che i rischi incombono anche «su donne e bambini che ormai evitano di entrare nel bosco, o di allontanarsi con il cane al seguito». Prigionieri della natura dove hanno scelto di vivere.