Rimini. Valpharma: "Mascherine per lo Stato, mai ordinate"

Rimini

Alessia Valducci è presidente e ceo del Gruppo Valpharma, oltre 400 dipendenti per 60 milioni di fatturato. Porta avanti la tradizione di famiglia: è stato infatti il padre Roberto a fondare l’azienda nel lontano 1977 con il nome di Euderma e sede a Cerasolo. Ora le aziende sono diventate tre con un filo conduttore: realizzare una produzione farmaceutica completa.

Alessia, ha appena ricevuto dal Comune di Rimini il premio come imprenditrice di successo. Soddisfatta?

«Sì sono molto contenta e orgogliosa. Tra l’altro è un premio che dovevo ricevere già nel 2020. Proprio l’8 marzo, mentre stavo per uscire di casa, ho ricevuto la chiamata di Confindustria con cui mi spiegava che era stato bloccato a causa dell’inizio del lockdown. Quest’anno l’assegnazione è stata effettuata on-line, ma è stato emozionante lo stesso condividere questo riconoscimento con altre donne. Il premio l’ho voluto dedicare a tutte le donne e a tutti coloro che lavorano nelle nostre azienda: una gratificazione per me come imprenditore, ma anche per le persone con cui lavoro tutti i giorni».

Come ha reagito il Gruppo con il Covid?

«Siamo specializzati in prodotti farmaceutici con collaborazioni in tutto il mondo e i nostri primi clienti sono il Giappone e il Brasile. Problemi di fatturato non ne abbiamo avuti».

Il coronavirus ha cambiato la vostra attività?

«Nell’aprile del 2020 abbiamo iniziato a produrre il gel igienizzante per le mani che poi abbiamo messo in commercio e anche regalato ad ospedali e forze dell’ordine. A maggio invece, con i fondi del decreto Cura Italia abbiamo acquistato una macchina per la produzione delle mascherine chirurgiche a triplo strato. Fra giugno e luglio abbiamo ottenuto la certificazione dell’università di Bologna ed è partita la produzione. Avevamo già un accordo con la Protezione civile e con l’ex commissario Domenico Arcuri per vendere le nostre mascherine al governo, ma nessuno le ha mai comprate. Abbiamo anche partecipato a diversi bandi pubblici ma non li abbiamo mai vinti, perché noi vendiamo una mascherina a 0,15 centesimi grazie alla riconosciuta qualità italiana, mentre i cinesi chiedono appena 0,03. Non siamo gli unici in Italia coinvolti in questa situazione: ci sono un centinaio di aziende che non riescono a trattare la vendita delle mascherine con lo Stato».

Questo ha creato problemi?

«No, perché per fortuna non si tratta del nostro “core business” ma solo di un’attività creata per fornire un aiuto in tempo di pandemia. In questo momento, però, possiamo solo vendere ai privati. Ed è un peccato perché abbiamo la capacità di produrre un milione di dispositivi al mese ma non riuscendo a piazzarli sul mercato dobbiamo limitarci a molti di meno, mentre potremmo dare lavoro anche ad altre persone. Speriamo che con il nuovo commissario all’emergenza, possa cambiare l’organizzazione».

Con i dipendenti com’è andata?

«Come azienda farmaceutica eravamo autorizzati a lavorare e lo abbiamo sempre fatto. Abbiamo comunque messo in atto dei grandi cambiamenti sul fronte della sicurezza, anche perché, specie nella scorsa primavera e anche oggi, con i contagi in continuo aumento, ci sono stati momenti di grande paura e difficoltà. Abbiamo messo in atto una campagna di tamponi per il personale e anche stipulato un’assicurazione per tutti i dipendenti in caso di ricovero ospedaliero anche se, per fortuna, nessuno ne ha dovuto usufruire. L’attività nei reparti è stata sospesa per qualche giorno a causa di una decina di casi Covid “diluiti” nel tempo, ma per fortuna la situazione non è mai degenerata».

Che cosa ne pensa del vaccino?

«Che è l’unica via di salvezza e speriamo che lo facciano presto a tutti. Come Valpharma abbiamo deciso di aderire alla proposta di Confindustria: metteremo a disposizione l’azienda per somministrare i vaccini, sia ai nostri dipendenti che ai residenti del territorio. Organizzare gli spazi non è complicato: lo abbiamo già fatto per i tamponi e, allo stesso modo, possiamo procedere con le immunizzazioni. Siamo pronti».

Sareste in grado di produrre vaccini?

«Questo no, perché non abbiamo una licenza adeguata: Valpharma può produrre solo farmaci solidi e non liquidi. Inoltre è necessaria un’attrezzatura molto particolare. In Italia c’è una ditta a Pomezia che sarebbe già pronta a realizzare lo Sputnik, produzione che partirà a luglio in uno stabilimento della Brianza. Purtroppo si tratta di un vaccino ancora non autorizzato dall’Ema che non si fida troppo della Russia: per ogni Paese in cui lavoriamo è necessaria una certificazione ad hoc e i russi hanno regole un po' diverse dalle nostre. Per questo è necessario l’intervento di un’azienda della Ue in grado di fornire adeguate garanzie di produzione. Comunque più vaccini ci sono, e meglio è».

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