Rimini. Una folla per l’addio a Vittoria Maioli Sanese. Il marito: «Arrivederci, amore»

Rimini

Una folla immensa si stringe in Duomo per l’ultimo abbraccio a Vittoria Maioli Sanese. Monsignor Lambiasi definisce la psicologa un «bene per Rimini» e il marito Nicola Sanese alla fine la saluta con la voce spezzata dalla commozione offrendole non un addio ma un «arrivederci».

Il giorno del dolore

Vittoria Maioli Sanese ha chiuso gli occhi giovedì pomeriggio, aveva 80 anni. Lascia il marito Nicola Sanese, ex parlamentare della Democrazia cristiana, sei figli e una cinquantina fra nipoti e pronipoti.

Fra le sue opere ricordate in questi giorni il Meeting per l’amicizia fra i popoli di Comunione e liberazione (di cui è stata promotrice) e la fondazione del Consultorio familiare.

L’addio

Il Tempio malatestiano è gremito, più di mille persone in un unico abbraccio. La cerimonia funebre è celebrata dal vescovo emerito Francesco Lambiasi che ricorda subito come 58 anni fa, proprio in Duomo, Vittoria e Nicola si erano sposati.

La scelta delle letture (San Paolo apostolo ai Romani) e del vangelo di San Luca (incentrata sulla paura delle tenebre da parte degli apostoli, fino alla consolazione del Cristo risorto), svela monsignor Lambiasi, non è casuale, «sono state indicate dai familiari e sono azzeccatissime, le parole che ci volevano».

In controluce trapela infatti «l’esperienza di Nicola insieme a Vittoria» lunga 58 anni. «E’ una pagina del quinto vangelo», quello che il «Signore scrive con le nostre vite e delle persone che frequentiamo».

Quando è il momento delle preghiere vengono citati Comunione e liberazione, Vittoria e il marito Nicola insieme a tutti i familiari, le persone e famiglie che hanno incontrato Vittoria nel suo percorso di vita, nella speranza che non si interrompa il cammino del Consultorio. Un insieme di opere che fanno dire a monsignor Lambiasi: «Vittoria è stata un bene per Rimini».

“Ciao amore ciao”

Al termine di tutto, Nicola Sanese raggiunge l’altare per ricordare Vittoria e dire “grazie” alle persone accorse in Duomo.

Lo dice subito: «Non so se riuscirò a terminare».

«Mio carissimo amore». Sono le prime parole dedicate alla moglie che non c’è più prima di citare quel giorno di 58 anni fa, «quando è iniziato il cammino della nostra famiglia», dei «nostri sei figli», dei 20 nipoti e undici pronipoti. «Lo avevamo chiesto al Signore e ci è stata donata questa meraviglia».

Quindi gli amici, le tante persone incontrate nel «tuo lavoro che hai seguito fino a sabato», nonostante la malattia scoperta a giugno e «vissuta come un dono».

Detto questo, giunge il momento dell’addio, che non è un addio. «Cara Vittoria, mio carissimo amore, è un arrivederci».

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