Rimini. Uccise la moglie nel sonno con diciotto coltellate, starà in cella per 23 anni

Rimini

Giovanni Laguardia, salvo sconti di pena per buona condotta, dovrà trascorrere in cella i 23 anni di carcere (tre li ha già scontati) inflitti dalla Corte d’Assise di Rimini per l’omicidio volontario della moglie Vera Mudra, assassinata con 18 martellate, tante quanti gli anni del loro matrimonio. L’ex idraulico la colpì con ferocia inaudita mentre dormiva la notte del 26 ottobre del 2020. Gli ermellini, come fatto in precedenza dai giudici della Corte d’Appello di Bologna, non hanno trovato “crepe” nell’indagine coordinata dal sostituto procuratore Luigi Sgambati condotta sul campo dalla Squadra mobile della Questura, né sbavature nelle decisioni prese da giudici togati e non della Corte d’Assise.

Contestazioni

Al centro del ricorso dei difensori dell’ex idraulico gli avvocati Andrea Mandolesi e Linda Andreani anche alla Suprema corte, come avvenuto per l’appello, c’erano le conclusioni da loro contestate della perizia che aveva stabilito come Laguardia fosse nel pieno possesso delle proprie facoltà quando ha ucciso la moglie. Per questo chiedevano fosse eseguita una nuova valutazione, richiesta rigettata in tutti e tre i gradi di giudizio. Una condanna comunque “mite” rispetto agli ultimi pronunciamenti riminesi, perché Laguardia ha potuto beneficiare della attenuanti generiche e non gli è stata contestata la premeditazione. In aula quale legale di parte civile per i figli e la nipote di Vera Mudra anche l’avvocato Cristiano Basile.

Lucida follia

Giovanni Laguardia è stato ritenuto fosse quindi nel pieno possesso delle sue facoltà mentali quando ha assassinato la moglie nel sonno. Anzi, la sua azione è stata interpretata come la rivalsa di un uomo verso la donna che voleva lasciarlo. Con quel martello ha voluto dire «adesso te la faccio vedere io». Queste le conclusioni della perizia realizzata dal dottor Riccardo Sabatelli, direttore del centro di salute mentale dell’Ausl di Rimini su incarico della Corte d’Assise. Una lucida follia testimoniata anche dalle parole dette alla nipote al telefono quando nel cuore della notte, mentre vagava senza meta per la città, le aveva “annunciato” che si sarebbero rivisti «non prima di 30 anni».

Il movente

Contrariamente a quanto il pensionato aveva cercato di avvalorare nell’immediatezza dell’arresto, la furia omicida non sarebbe stata scatenata dalle presunte pretese economiche della moglie al culmine di una lite, ma l’avrebbe uccisa per impedirle di andarsene di casa dopo la scoperta di un tradimento. Il pensionato, dopo una vivace discussione al mattino testimoniata dai vicini, avrebbe aspettato la sera per ucciderla, fracassandole il cranio con un martello da carpentiere. Vera fu trovata morta nell’appartamento di via Pola sul letto matrimoniale, in camicia da notte e bigodini, con la testa appoggiata sul cuscino, la mano sinistra sotto la guancia e le coperte rimboccate. Molto probabilmente non si è neppure resa conto di cosa le stava succedendo. La vicenda sarà al centro di una prossima puntata della trasmissione “Amore criminale”

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