È nato nel 1987: cento anni tondi tondi dopo al bisnonno che si era trasferito in Brasile lasciando Rimini. L’amore per il Belpaese di Silas Massini, insegnante di italiano, agente culturale e pianista, non è frutto di un’eredità tramandata per generazioni ma di una riscoperta tenace delle proprie origini condotta in piena autonomia. Uno sforzo che l’ha condotto a raggiungere la doppia cittadinanza e più di una soddisfazione accademica.
Rimini, Silas Massini star sui social con radici romagnole: ecco il prof da un milione di visualizzazioni
Massini, cosa ha acceso in lei la scintilla per l’Italia?
«Ricordo che una volta, durante una lezione di geografia al liceo, la professoressa parlò dei vantaggi della doppia nazionalità. Disse che molti studenti della nostra scuola, considerando le loro origini, erano brasiliani ma potevano appartenere legalmente anche ad altri Paesi. Questo risvegliò la mia curiosità: poche ore dopo telefonai a mia zia da una cabina telefonica e le chiesi se anche io avessi lo stesso diritto. Mi rispose che era molto probabile considerando le origini romagnole del mio bisnonno. Quando ho riattaccato il telefono, nutrivo già una speranza. È stato allora che ho deciso di fare tutto il possibile per saperne di più sulla mia famiglia dove sono tuttora l’unico che sa parlare italiano. Da lì sono iniziate le ricerche sul mio albero genealogico oltre agli studi nelle società italiane».
Cosa ha scoperto sulle sue radici?
«Discendente di Antonio Massini, sono nato in una piccola città dello Stato di San Paolo, chiamata Rio Claro, dove il bisnonno si trasferì nel 1894, ad appena 7 anni. Raccontava molte storie del periodo difficile che aveva vissuto a Rimini. Ha lavorato come contadino, finché è riuscito a comprare un terreno e lì ha cominciato a vendere mattoni. Nel 1914 è convolato a nozze con Angela Pizzirani, di sei anni più giovane e originaria di Ferrara. Un legame, il loro, allietato dalla nascita di nove figli tra cui mio nonno Roberto che vide la luce nel 1921 e che a sua volta è divenuto papà per sette volte: nel 1949 di mio padre Silas».
Perché la sua famiglia non ha mantenuto vive le proprie origini?
«Il bisnonno pensava che l’Italia avesse cacciato molti dei suoi figli spingendoli a emigrare. Per questo nutriva un certo risentimento ed evitava di mantenere contatti e ricordi. Al contrario, io ho iniziato il procedimento per ottenere la doppia cittadinanza: al Consolato mi hanno detto che sarebbero occorsi almeno dieci anni. Una risposta che all’inizio mi ha scioccato convincendomi poi a mettere a frutto il tempo per specializzarmi in lingua e cultura italiana. E così è stato. Giunto al termine degli studi, mi hanno chiesto di diventare docente nello stesso istituto dove mi sono innamorato dell’Italia. Ho accettato nonostante una certa insicurezza. La prima volta in cattedra davanti ai miei 17 allievi mi sentivo quasi immortale».
A quando risale il suo primo viaggio a Rimini?
«Era il 2014, sono arrivato dopo aver vinto, con mia grande sorpresa, un bando indetto della Regione Emilia-Romagna. All’atterraggio per un istante il mio cuore si è fermato: era un sogno che diventava realtà. In quei giorni mi sono cimentato a realizzare una clip sulla cucina romagnola visitando mercati e locali. Tornato a casa, il mio impegno si è diretto verso un master in didattica dell’italiano che mi desse la possibilità di arricchire il curriculum. Nello stesso anno ho ricevuto l’agognata mail con l’attestato di cittadinanza italiana. Dalla richiesta erano passati 14 anni».
Di cosa si occupa oggi?
«Grazie al mio canale di insegnamento della lingua italiana, che conta oltre 50mila iscritti e un milione di visualizzazioni, ho creato il Cineteatro italiano, uno spazio culturale dove lavoro anche come curatore di mostre, spettacoli teatrali e concerti musicali».