Rimini. Si finge avvocato e si fa pagare le parcelle: finisce a processo

Ha fatto credere a tutti di essere un vero avvocato, con tanto di esame di abilitazione superato, in tutto e per tutto in grado di difendere le ragioni dei clienti che si affidavano a lui per avere ristoro dei torti subiti. Invece lui, un riminese di 48 anni, l’esame di abilitazione non l’aveva mai passato e di cause non ne aveva mai intrapresa nessuna, ma i soldi dei clienti per la parcella o il rimborso spese, invece, li aveva incassati. Si parla di migliaia di euro, almeno 7mila.
È questo l’impianto accusatorio in essere nei confronti del sedicente avvocato riminese (che ora opera in un altro settore), il quale, assistito dai legali Gilberto Gianni e Massimiliano Cornacchia, questa mattina dovrà comparire davanti al giudice e rispondere di truffa, appropriazione indebita e di abusivo esercizio della professione. Tuttavia, essendo trascorsi molti anni dal tempo in cui si spacciò come avvocato, (alcuni fatti risalgono al 2012) è possibile che i reati di cui è accusato vengano spazzati via dall’intervento della prescrizione.
La storia
Tra le persone offese costituite parte civile nella vicenda giudiziaria (quattro in tutto, assistite dagli avvocati Martina Montanari, Emanuela Guerra ed Emanuele Magnani) c’è anche la storia di una donna che si era affidata al sedicente avvocato in quanto vittima di un incidente stradale nel quale aveva riportato seri danni.
Vista la mancata definizione stragiudiziale della controversia innescata col Comune di Santarcangelo, la donna si era rivolta al finto legale, frequentatore assiduo del bar in cui lavorava, da sempre conosciuto come “l’avvocato”. Affidata a lui la sua difesa nel 2012, dopo alcuni anni la donna inizia a fare domande, chiedendo che fine avesse fatto la sua causa. Ed è stato quindi solo nell’ottobre del 2016 che lei ha avuto conoscenza del fatto che quella causa contro il Comune di Santarcangelo, per cui aveva già pagato alcune migliaia di euro al finto avvocato, non era mai stata nemmeno intentata. La querela arriva quindi nel gennaio 2017, dunque ben cinque anni dopo la commissione del reato. Cinque anni che ai fini della prescrizione, inoltre, si contano.
In un altro caso, un uomo si era affidato al sedicente avvocato perché lo assistesse in un procedimento penale in cui si sarebbe dovuto costituire parte civile. Procedimento penale giunto al termine, con sentenza passata in giudicato, senza che in realtà “l’avvocato” avesse mai fatto alcuna costituzione. E il passaggio in giudicato aveva ormai reso impossibile ogni altra azione da parte del danneggiato, al quale, poi non è restato altro da fare che costituirsi parte civile in un’altra causa. Quella contro “l’avvocato” che l’avrebbe dovuto difendere.